Indro, uno straniero in patria tra dubbi, battute e amici

Finalmente una biografia su Montanelli scritta da un autore che lo ha conosciuto sul serio. Ne esce un ritratto a tutto tondo

Indro, uno straniero in patria tra dubbi, battute e amici

Indro Montanelli. Uno straniero in patria (Cairo, pagg. 156, euro 14) è il titolo della biografia che Giancarlo Mazzuca ha scritto per ricordare e onorare il suo - e mio, e anche di Roberto Gervaso autore della prefazione -indimenticabile Maestro. Giancarlo Mazzuca Montanelli l'ha conosciuto bene e a fondo. Può sembrare, questa, una precisazione superflua. Ma il fatto è che innumerevoli sconosciuti o poco conosciuti hanno vantato, dopo la sua morte, una frequentazione inesistente o quasi. «Mi confidò in punto di morte», «mi telefonava spesso», «lo accompagnavo nelle sue passeggiate». Mazzuca lo accompagnava davvero. Era, nel Giornale , il responsabile dell'economia - ora è direttore del Giorno - e immagino le sue pene quando doveva spiegare i segreti d'una scienza che non è scienza al grande scettico (Indro era generoso e disinteressato, ma da buon toscano conosceva il valore del soldo).

Mazzuca ha dato alle sue pagine un taglio nello stesso tempo leggero e alto rievocando le luci, i trionfi, le penombre e i pessimismi d'una vita lunga oltre novant'anni.

Tanti, quasi quanto i miei. Ho avuto il privilegio di non precederlo nel mistero del dopo. Privilegio perché se me ne fossi andato prima io, Indro avrebbe scritto il mio necrologio e il saggio Gaetano Afeltra ripeteva: «Indro tu non sei da necrologio, tu sei da trigesimo». Allergico agli elogi funerari Indro parlava del defunto - soprattutto se gli aveva voluto bene - come se fosse vivo. L'ho scampata, ormai lui non c'è più, ci resta la sua magica scrittura.

Seguendo il cammino di Montanelli, Mazzuca gli affianca personaggi che furono alla ribalta culturale e giornalistica italiana. Primi tra loro Giuseppe Prezzolini e Leo Longanesi. Longanesi, romagnolo di Bagnacavallo basso di statura e gigantesco nell'ego, s'incontrò e si scontrò ripetutamente con l'altissimo toscano di Fucecchio (da Bagnacavallo, o da quelle parti, viene anche Mazzuca). Indro ammirava Leo e litigava con Leo. Dava idee a tutti ma di suo produceva poco. Montanelli gli chiese un giorno perché gli articoli non li scrivesse lui anziché suggerirli ed ebbe questa risposta: «In un articolo, o peggio ancora in un romanzo, bisogna mettere anche qualche banalità, e io con le banalità non ci sto». Prezzolini aveva grande considerazione per Montanelli e gliela mantenne anche dopo essere stato da lui convinto a trasferirsi dall'America in Italia. Poi, disperato, si rifugiò a Lugano.

Ecco poi Giovanni Spadolini, direttore del Corriere ma erudito fin dall'infanzia. Mi azzardo a trascrivere ciò che Guglielmo Giannini, creatore dell'Uomo Qualunque, disse un giorno. Spadolini e Mario Missiroli erano seduti a un tavolo all'aperto del Bolognese, in piazza del Popolo a Roma. Usciva Giannini e Missiroli lo abbordò: «Ti presento un ragazzo che è un portento di cultura,ha approfondito la “questione romana”». Il ragazzo era Spadolini al tempo magro e brufoloso, che snocciolò un buon quarto d'ora di sapienza storica. Giannini lo ascoltò, poi toccandogli con un dito la guancia sinistra bofonchiò: «Néh, giuinò, chiavamme», giovanotto pensiamo a scopare.

Mazzuca non trascura né gli episodi solenni né gli episodi frivoli del lungo corso di un uomo di mondo che non amava la mondanità ma amava la popolarità e ancor più l'affetto della gente comune. Una volta andammo insieme, per la presentazione d'un nostro libro, in un molto aristocratico circolo milanese e venendo via con me Indro disse: «Non ci verrò mai più». Non so se abbia mantenuto la promessa, ma il gelo un po' altezzoso di quella platea l'aveva fatto infuriare.

Con precisione ma anche con rispetto Giancarlo Mazzuca ripercorre le vicende che portarono al dissidio con Berlusconi, all'uscita dal Giornale , alla nascita della Voce e al decesso della Voce . Lo seguii anch'io, per affetto e senza convinzione, in quell'estrema avventura che fu una grande illusione e un grande errore. Quando capii che il nuovo quotidiano di Montanelli non si rivolgeva ai lettori di Montanelli ma a lettori che erano sempre stati contro Montanelli io e Indro avemmo un colloquio triste, disse che mi capiva, fui accolto dai quotidiani del gruppo Monti governati dall'ex direttore del Corriere della Sera Franco di Bella. Giancarlo Mazzuca, che è un collega a me molto caro e un galantuomo a 24 carati, ha dato molto e secondo me eccessivo credito alla versione che di quanto accadde dà Marco Travaglio, collega talentuoso ma non proprio dotato del dono dell'imparzialità.

Montanelli, scrive benissimo Mazzuca, era un agnostico che però non ha mai cancellato dalla mente il grande mistero della fede. Ormai l'appuntamento finale è vicino anche per me, Indro, non ho ereditato la tua straordinaria bravura, ma ho ereditato i tuoi dubbi.

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