Io aggredito. Ora ho paura della mia città

Leggi dei furti di Rolex, strappati con forza dal polso o con la minaccia delle armi. E pensi che sì, potrebbe capitarti, ma che se in tutti questi anni te la sei cavata, ci sarà pur sempre una bassa probabilità

Io aggredito. Ora ho paura della mia città

Leggi dei furti di Rolex, strappati con forza dal polso o con la minaccia delle armi. E pensi che sì, potrebbe capitarti, ma che se in tutti questi anni te la sei cavata, ci sarà pur sempre una bassa probabilità. Poi, mentre vai in bici - domenica mattina, 12.30, quasi sotto casa - e ti chiedi se qualcuno può aver adocchiato l'orologio che hai al polso, proprio in quel momento ti urta una tizia. Sta facendo una corsetta (scarpe da jogging, ma anche la mascherina) e sorridendo ti costringe ad accostare come se volesse dirti qualcosa. Strano, che vuole? Non hai molto tempo per pensare e tutto accade. Freni, ti fermi, lei parla con accento slavo e intanto ti tocca; parla e ti prende il polso, con entrambe le mani. Pochi secondi e finalmente ti illumina un lampo. Cosa prevedeva il passaggio successivo o se dietro ci fosse il complice, non è il caso di indagare. Il riflesso ha emesso il suo ordine perentorio: divincolarsi e pedalare.

Sono nato e cresciuto a Milano, nello stesso triangolo residenziale di questa storiella, Conciliazione-De Angeli-Monte Rosa, negli anni Sessanta. E quello che porto al polso dagli Ottanta non è roba da calciatori o piloti di F1, con 4 zeri, bensì un vecchio classico che mi ha regalato mio padre, scomparso proprio quest'anno. Per un ricettatore vale un po' di banconote da 100. Ma il punto è che mai mi sarei aspettato, nella mia città, di doverlo lasciare per sempre a casa. Di non sentirmi al sicuro. È a Rio o a San Paolo che ti dicono di non pensarci nemmeno a uscire con l'orologio, giorno o notte non fa differenza; è lì che la classe media, rassegnata, è abituata a mille accorgimenti quotidiani per la propria sicurezza. E così si dice, a torto o a ragione, anche di città italiane ed europee. Io invece, milanese, mi sentivo sicuro. Ora non più, perché la frequenza di certi episodi è diventata addirittura prevedibile. E quindi fai come a Rio: ci pensi prima di uscire di casa. Ti rassegni a non essere al sicuro. Quindi occhio a come ti vesti, a chi ti cammina dietro, a chiudere a mano il portone del palazzo.

Che dire del Comune di Milano o delle forze dell'ordine? Va da sé che hanno altro a cui pensare.

Ma qualcuno rifletta sulla vecchia teoria delle finestre rotte: senza una sistematica presenza di polizia nei luoghi pubblici, il reato che si può commettere restando impuniti aumenta costantemente di gravità. E rende insicuro ogni territorio, svalutandolo per sempre.

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