«Un'operazione perfetta del controspionaggio italiano dimostratosi capace di intervenire nel momento preciso dello scambio di documenti garantendo un'evidenza non sempre scontata nei complessi scenari della guerre di spie». Ma anche un'operazione che fa scattare un «doppio campanello d'allarme». Sia perché episodi come questi «sono sempre parti di un'operazione molto più vasta di cui è più difficile stabilire l'ampiezza». Sia perché dimostrano come «l'Italia sia fisicamente immersa in un Mediterraneo trasformato in uno scenario geopolitico dove si gioca non solo la sicurezza dei paesi che vi si affacciano, ma dall'intero pianeta».
Per l'ex ministro degli Interni Marco Minniti, oggi presidente della Fondazione Med-Or del gruppo Leonardo, l'arresto a Roma di un ufficiale della Marina e di un funzionario dell'Ambasciata russo rivela un doppio scenario: un complesso scontro d'intelligence giocato sul nostro territorio di cui resta difficile comprendere la reale dimensione ed estensione e, ancor più cruciale, la trasformazione del Mediterraneo in un bacino del nuovo disordine mondiale. «Se parliamo di guerra di spie - spiega Minniti in questo colloquio con il Giornale - non dobbiamo mai dimenticare che il passaggio di Kim Philby dalle fila del controspionaggio britannico a quelle della Russia non fu un evento episodico, ma il punto d'arrivo di un condizionamento di lungo termine iniziato sui banchi di Cambridge». E poiché «le intelligence di Russia e Cina continuano, a differenza di quelle occidentali, a lavorare a operazioni di influenza rivolte al lungo periodo» resta da scoprire l'ampiezza e la profondità della rete che dall'Italia punta a penetrare la rete Nato. Ma quel che più preme a Minniti è il contesto di questo scontro. «Negli ultimi 24 mesi abbiamo assistito ad un evento epocale, ovvero allo scivolamento nel Mediterraneo di quella minaccia all'Europa rappresentata, un secolo fa, dall'impero russo e da quello ottomano. La Libia e la Russia sono entrate prima in Siria e poi in Libia, mentre la Cina, è entrata prepotentemente in Africa, raggiungendo di fatto le sponde di quel Mediterraneo che separa continente africano ed Europa».
Nello scenario geopolitico disegnato dal presidente di Med-Or gli arresti di Roma sono parte di quel rivolgimento politico che vede da una parte «mercenari pagati da Mosca e aerei da combattimento russi parcheggiati nelle basi della Cirenaica dal generale Khalifa Haftar» e dall'altra «il presidente Usa Biden pronto, a differenza del suo predecessore, a partecipare al Consiglio Europeo». «Questo evidenzia - sottolinea Minniti - una posizione statunitense assai meno estranea alla questione mediterranea e non più disposta a ignorare la presenza russa nelle basi in Cirenaica».
Ma in questo scontro sarà l'Europa e anche l'Italia a dover giocare in prima persona perché «le priorità strategiche degli Usa resteranno rivolte al Pacifico». Proprio per questo Washington incoraggia un ritorno da protagonista dell'Italia e dell'Europa sullo scenario libico. Un ritorno che prenderà corpo con la visita a Tripoli di Mario Draghi del prossimo 6 aprile. Ma nella guerra di spie c'è anche lo scenario tecnologico e militare. I contratti da oltre cinque miliardi che garantiranno a Fincantieri la costruzione di 10 fregate Fremm per conto degli Usa rappresentano un obbiettivo irrinunciabile per le «intelligence» di paesi come la Russia. «Le Fremm sono un modello tipicamente europeo nato da un progetto italo- francese.
Ma non dimentichiamoci che anche su un aereo come l'F35 c'è una fortissima collaborazione a livello produttivo» ricorda Minniti facendo intendere quanto ampia sia la vetrina di segreti strategici e industriali su cui gli agenti di Mosca possono mettere le mani.
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