L'anno tragico del lavoro: distrutto un milione di posti

Istat: via 945mila occupati, 717mila diventano inattivi. Tra i 15 e 34 anni, una generazione persa

L'anno tragico del lavoro: distrutto un milione di posti

La stima di un milione di posti di lavoro in meno a causa della pandemia non era esagerata. Nota agli addetti al settore e anche al governo, sempre più preoccupato per le reazioni degli italiani quando l'emergenza sarà finita e si potranno tirare le somme degli effetti di questi 13 mesi di pandemia.

La conferma delle dimensioni della crisi dal punto di vista del lavoro è arrivata ieri dall'Istat. Da una parte l'istituto di statistica vede segnali di stabilizzazione. A febbraio l'occupazione interrompe un trend negativo. Ma tra settembre 2020 e gennaio i posti di lavoro persi sono stati 410 mila e in un anno, tra il febbraio 2021 e il febbraio 2020, la diminuzione è stata 945 mila unità. Il miglioramento riguarda in particolare la disoccupazione: a febbraio si è attestata al 10,2%, -0,1 punti rispetto al mese precedente. Diminuisce persino quella giovanile al 31,6% (-1,2 punti).

Ma il conto sui 12 mesi resta salatisssimo, soprattutto per i più giovani. Il dato più allarmante è l'aumento degli inattivi: 717 mila in più tra febbraio 2021 e lo stesso mese del 2020. «Il grande flusso è stato tra occupati e inattivi», ha commentato ieri Francesco Seghezzi , presidente della Fondazione Adapt via Twitter.

Sotto la lente del giuslavorista anche la diminuzione dell'occupazione nella fascia di età 25-34 anni, meno 3 punti percentuali, e in quella 15-24 anni, -2,7%. Tra i 15 e i 34 il calo dell'occupazione è triplo rispetto alle altre fasce di età. Poi c'è il boom di inattivi tra i giovanissimi: +2,9% nella fascia tra i 15 e i 34 anni, «a conferma che i giovani sono i più penalizzati in un mercato del lavoro fermo, ma cercano anche attivamente e cresce quindi il tasso di disoccupazione più che nelle altre fasce». Il milione di occupati in meno, commenta Seghezzi, «è un dato enorme e ora «serve un bilanciamento o è a rischio una generazione».

Dati «devastanti» per la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni che chiede di affrontare la crisi economica «che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese».

Dai sindacati è arrivata la richiesta di confermare lo stop ai licenziamenti. I dati «sono drammatici» e profilano «un vero tsunami sociale» che rende necessario «prorogare la fine del blocco dei licenziamenti per tutti i datori di lavoro oltre la data del 30 giugno, superando le distinzioni previste dal Decreto Sostegni, e di prolungare, in parallelo, la cassa integrazione covid » è la richiesta del leader Cisl, Luigi Sbarra.

Anche la Cgil ha chiesto la proroga dello stop ai licenziamenti ma dalla presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini arriva un invito a fare attenzione: «Siccome i fondi per la cassa integrazione non sono infiniti, e siccome neanche il blocco dei licenziamenti potrà durare in eterno, bisogna mettere subito in campo interventi di riqualificazione» perché «a crisi finita molte imprese dovranno riconvertire la produzione ed occorrerà incrociare offerta e domanda di lavoro, un ruolo che l'Anpal ha finora svolto in modo del tutto insufficiente»

Altro tema sollevato ieri è il cambiamento di metodo di calcolo degli indicatori del lavoro, adottato

dall'Istat su indicazioni Ue. Esclusi dal calcolo degli occupati i lavoratori in cassa integrazione da oltre tre mesi. Un cambiamento che «ci lascia alquanto perplessi», ha commentato la segretaria confederale Uil Ivana Veronese

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