Alla fine l'hanno capito. E certificato. Ma per intuire che Frontex, l'agenzia per il controllo delle frontiere della Ue con sede a Varsavia, «non è idonea a contrastare l'immigrazione illegale e la criminalità transfrontaliera» non serviva la «relazione speciale» della Corte dei Conti Europea pubblicata lunedì scorso. Per capire che Frontex serve soltanto a dilapidare i soldi dei contribuenti europei bastava guardare quanto succede da anni sulle coste della Grecia, nel canale di Sicilia e nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla. O, volendo spaziare nel campo della criminalità e del terrorismo, bastava verificare quanti presunti attentatori in viaggio verso l'Europa sono stati bloccati dagli agenti di Frontex: si contano sulle dita di una mano. Mentre sul fronte dell'immigrazione fanno testo i resoconti sull'arrivo in Europa negli ultimi dieci anni di svariati milioni di migranti penetrati attraverso le tre principali rotte del Mediterraneo.
E allora quel che all'apparenza sembrava semplice inefficacia si è rivelata fallimentare catastrofe. Il rapporto costi-benefici di Frontex o, meglio, il rapporto tra investimenti e risultati basterebbe a far chiudere per bancarotta qualsiasi azienda privata. In questo caso parliamo di una forza di polizia creata nel 2004 forte, nel 2019, di 750 agenti e di una dotazione finanziaria pari a 450 milioni di euro all'anno. Considerando i risultati quei 450 milioni gettati alle ortiche ogni anno rappresentano uno scialo non indifferente.
Ma bisogna considerare anche l'altro lato della medaglia: 750 uomini in divisa rappresentano il dispositivo di sicurezza impiegato in caso di disordini in una grande città non certo una forza sufficiente a garantire la difesa dei confini europei. E quando si è incominciato a incrementare il numero degli agenti, in vista del raggiungimento dei 10mila effettivi entro il 2027, i risultati di Frontex non sono migliorati. In compenso si sono moltiplicati i costi destinati a raggiungere, secondo le previsioni, i 900 milioni l'anno entro il 2027. Il problema di questo ulteriore fallimento, secondo l'analisi della Corte, va ricercato in uno sviluppo di Frointex «non corroborato da alcuna valutazione preliminare». Si è attinto a risorse senza chiedersi a cosa servissero soldi e agenti aggiuntivi. Sulla base di questi elementi la Corte arriva alla conclusione che Frontex oltre a non aver «pienamente adempiuto» al mandato ricevuto nel 2016 per sostenere gli Stati membri nella lotta all'immigrazione illegale e alla criminalità transfrontaliera stenta anche a «svolgere efficacemente il nuovo ruolo operativo che le è stato assegnato». Leo Brincat, membro della Corte responsabile della relazione affonda il dito nella piaga ricordando che «le mansioni affidate a Frontex alle frontiere esterne dell'Ue sono fondamentali per la lotta alla criminalità transfrontaliera e all'immigrazione illegale ma nondimeno, Frontex non le assolve con efficacia». L'inefficacia dell'Agenzia, guidata dal francese Fabrice Leggeri, è dovuta anche alle illusorie ipocrisie di un'Unione convinta di poter sigillare le proprie frontiere evitando azioni come il respingimento.
Nel mondo dei sogni europei non è chiaro quali mezzi potrebbero usare gli agenti di Frontex per evitare gli sbarchi.
E qualora dovessero vedersela con i terroristi non potrebbero tirar fuori neanche un temperino. Ad oggi infatti l'Ue non ha ancora studiato leggi che consentano ai presunti guardiani delle sue frontiere di portare un'arma.
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