Lavoro, record di occupati. Il taglio del cuneo funziona

Segnato il top dall'inizio delle rilevazioni dell'Istat. Con meno costi imprese più competitive sull'estero

Lavoro, record di occupati. Il taglio del cuneo funziona

A marzo il numero di occupati in Italia ha segnato un nuovo record dall'inizio delle serie storiche Istat a quota 23,3 milioni. Il tasso di disoccupazione è sceso al 7,8% (-0,1 punti su febbraio) e il numero dei disoccupati è tornato sotto il livello psicologico dei 2 milioni scendendo a 1,98 milioni, un livello che non si toccava dal novembre 2022 e che trova un corrispettivo solo nel 2011 prima dell'inizio della crisi del debito. Stesso calo (-0,1 punti) anche per il tasso di disoccupazione giovanile che resta comunque su livelli elevati, al 22,3 per cento.

Invariato al 33,8% il tasso di inattività. In valori assoluti a marzo gli occupati sono aumentati di 22mila unità (+0,1%) rispetto a febbraio e di 297mila unità (+1,3%) rispetto allo stesso mese del 2022. Il tasso di occupazione è stabile al 60,9% sul mese precedente (+0,9 punti su anno). L'aumento tendenziale è dovuto alla crescita «dei dipendenti permanenti e degli autonomi e a fronte di una diminuzione dei dipendenti a termine», ha commentato l'Istat. Su base trimestrale l'incremento degli occupati è stato pari a 90mila unità (+0,4% sull'ultimo quarto del 2022).

Anche se passibili di una revisione, i dati Istat certificano che il mercato del lavoro - il cui andamento è «ritardato» rispetto a quello della produzione - non ha risentito negativamente della flessione del Pil che si è registrata alla fine dello scorso anno.

Ne consegue che le politiche adottate in materia di lavoro tra la fine dell'esecutivo Draghi e l'inizio di quello Meloni sono andate nella giusta direzione. E a pochi giorni dall'approvazione del decreto sul taglio del cuneo fiscale e sulla flessibilizzazione dei contratti a termine si tratta di un segnale positivo.

La fiscalizzazione degli oneri contributivi, prevista dalla manovra 2023, ha contribuito a rendere meno caro il costo del lavoro per le imprese che sono rimaste competitive sui mercati esteri. Basti pensare che a marzo è stato registrato il maggior avanzo commerciale verso i Paesi extra-Ue degli ultimi trent'anni a quota 8,455 miliardi di euro. In questo modo si è compensato l'effetto negativo del calo dei consumi interni generato dall'inflazione e si sono non solo salvati i posti di lavoro ma se ne sono aggiunti di nuovi (anche se la dinamica demografica ha un impatto rilevante sul trend).

Adesso quello che stupisce è che sindacati e opposizione parlamentare abbiano scelto questo terreno per protestare nei confronti del governo. Non solo per quanto riguarda l'aumento delle retribuzione conseguente al taglio del cuneo, ma anche rispetto a norme che favoriscono l'occupazione come la possibilità di estendere in maniera più agevole i contratti a termine fino a 24 mesi. Quest'ultimo tipo di normative era in vigore nel 2011, quando il numero di disoccupati era su livelli analoghi agli attuali. Non aveva tutti i torti il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, quando - a poche ore dal varo del decreto - aveva definito «incredibile» che «possano esserci polemiche dopo un provvedimento che ha messo soldi in più nelle tasche degli italiani» e che, riformando il reddito di cittadinanza, ha «distinto l'intervento per chi è in stato effettivo di bisogno rispetto a quello che deve semplicemente darsi una mossa e cercarsi un lavoro».

Rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale di sette punti percentuali per i redditi fino a 25mila euro lordi annui e di sei punti per quelli compresi tra 25 e

35mila euro costerebbe oltre 10,5 miliardi e il governo si sta dando da fare per trovare le necessarie coperture nella prossima legge di Bilancio. Un progetto che andrà coordinato nella più ampia cornice della delega fiscale.

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