Con il reddito di cittadinanza l'opposizione cavalca anche l'altro fronte caldo del salario minimo, che il governo punta a raffreddare e rinviare a settembre. Domani la ministra per il Lavoro Marina Calderone sarà in Aula al Senato per un'informativa su entrambi i dossier. La minoranza pressa per l'introduzione della paga oraria da 9 euro l'ora con una proposta di legge unitaria (solo Italia Viva non l'ha firmata), già uscita indenne dalla commissione Lavoro di Montecitorio grazie a una mediazione.
La maggioranza, infatti, ha rinunciato a votare il proprio emendamento che avrebbe soppresso la proposta delle minoranze a prima firma Giuseppe Conte, rivendicando così un'apertura da parte del governo a discutere del tema, ma comunque dopo la pausa estiva. Un modo per disinnescare lo scontro e andare incontro alle opposizioni secondo Palazzo Chigi che, pur non condividendo l'idea del salario minimo per il timore di un livellamento verso il basso degli stipendi, nelle ultime settimane ha accettato il dialogo.
Un filo riannodato dopo i contatti intercorsi tra Carlo Calenda, leader di Azione, e la stessa premier Meloni. Che ha ribadito «i dubbi sulla materia» ma ha lasciato trapelare l'ipotesi di un vertice per discuterne «senza pregiudizi». Scettica la segretaria dem Elly Schlein. Secondo il Pd, rinviare il voto in Aula a settembre sarebbe solo un tentativo di «affossare tutto». Anche il leader del M5s insiste. «Se davvero vuole il dialogo, lo dimostri, convochi i suoi parlamentari. Anche ad agosto. Possiamo approvare questa nostra proposta in pochi giorni», ha dichiarato Giuseppe Conte. I dem e i grillini legano a doppio filo la fine del reddito con il no della maggioranza al salario minimo, con le polemiche ancora infuocate per la gestione da parte dell'Inps della fine del sussidio per 169mila famiglie, avvisate con un sms che ha generato confusione nei destinatari.
«Il reddito ha palesato la miseria degli stipendi che ci sono in questo Paese. Loro che fanno? Tagliano il reddito e dicono no al salario minimo. Per questo governo contrastare la povertà non è una priorità, ma un fastidio», attacca Toni Ricciardi, vicepresidente del Pd alla Camera. «Torneremo alla carica sul salario minimo e presenteremo le nostre proposte per migliorare le condizioni dei lavoratori», ha aggiunto il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. Matteo Renzi, leader di Italia Viva e unico capo delle opposizioni a non sottoscrivere la proposta di salario minimo, ieri si è smarcato ancora. «La proposta di legge Conte e altri è assolutamente rispettabile, ma io non la condivido per un motivo semplice: è previsto un fondo pubblico per fare il salario minimo. Vai ad aumentare le tasse di tutti gli altri lavoratori. Io oggi firmo qui la partecipazione al lavoro per una governance di impresa partecipata dai lavoratori. Vuol dire che se fai un bel guadagno a fine anno, detasso l'utile se va in tasca ai lavoratori ed è uno strumento molto potente contro le disuguaglianze», ha commentato l'ex presidente del Consiglio.
Ed è stato il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, a ricordare la posizione della maggioranza.
Nella «contrattazione collettiva l'Italia è all'avanguardia» e «non credo - ha puntualizzato - che definire per legge un salario minimo sia la soluzione al lavoro povero. Quella della contrattazione collettiva è la strada da perseguire per garantire agli italiani salari adeguati come richiama la nostra Costituzione».
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