Quando si dice il potere miracoloso della sinistra. Perfino a una donna e (soprattutto) berlusconiana di ferro come Letizia Moratti è bastato salire su un palco benedetto dall'intellighentia progressista per diventare il nuovo idolo dell'esercito dei buoni che promette di condurci verso le meravigliose sorti e progressive di un'umanità dove non ci saranno più povertà, armi e guerre. Perché su questo si è arringata la invero piuttosto scarsa folla di sabato a Milano sotto le bandiere di Matteo Renzi e Carlo Calenda sul cui colore non si è invero ancora capito un granché. Tanto che ieri sui giornali più che di una ricetta anche minimamente credibile su come far cessare la guerra tra Russia e Ucraina, motivo per il quale si era lanciato l'appello, a far titolo era proprio la candidatura di Letizia Moratti a presidente della Regione Lombardia sotto un'ipotetica alleanza messa in campo dal Terzo polo. Magari, come ha annunciato con la solita aria ispirata Calenda, in ticket con il possibile candidato del Pd, quel «prezzemolino» Carlo Cottarelli il cui nome da quella volta che varcò trascinando un trolley le austere soglie del Quirinale da aspirante premier per uscirne non molto tempo dopo parecchio sconsolato, è diventato il perfetto aspirante a tutto. Salvo poi, quando si sono contati i voti, aver rimediato una bella spazzolata nel collegio senatoriale di Cremona, dove Daniela Santanché l'ha addirittura doppiato.
Ma poco importa affidarsi a due figure decisamente di ispirazione conservatrice a una sinistra che pur di agguantare un potere che vede fuggirgli, sarebbe disposta a vendersi anche quel poco di anima che le rimane. Solo brandelli se ieri s'è vista costretta ad applaudire l'abbraccio tra Moratti, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna: non solo tre delle rappresentanti dell'età dell'oro berlusconiana, ma anche le politiche più odiate (e insultate) dai benpensanti della rive gauche. Perché basterebbe avere anche poca memoria per ricordare la lady Letizia crocefissa con l'accusa di aver berlusconizzato una Rai di cui era stato proprio il Cav a volerla presidente durante il suo primo governo. O la violenza con cui fu attaccata da ministro dell'Istruzione e dell'Università della cui distruzione fu accusata a lungo, per non parlare delle campagne contro di lei come sindaco di Milano e pilastro dell'Expo. Per non parlare dell'assalto con fischi e insulti a lei e al padre partigiano in carrozzina durante la manifestazione del 25 aprile nel 2006. Le fu rimproverato di tutto, come di tutto fu accusata nella sua carriera politica condotta tutta all'ombra di Silvio Berlusconi alla Gelmini, compreso lo svarione folcloristico del tunnel dei neutrini. E quanto maschilismo e sessismo fu riversato sulla Carfagna bersagliata per anni da politici, comici e sedicenti intellettuali di sinistra con affermazioni più degne di bar del paese o gite di bontemponi avvinazzati che di dibattiti Rai o editoriali sui quotidiani. Tutto dimenticato. È bastato un cambio di polo per cancellare ogni cosa, rimettere loro tutti i peccati e arruolarle nell'esercito dei buoni. Un miracoloso schiocco di dita e le tre arpie si sono trasformate in Letizia, Mariastella e Mara, le tre Grazie immortalate dai fotografi e applaudite dal pubblico in un abbraccio che forse solo Canova riuscì a ritrarre così olimpico. E allora le streghe si sono trasformate in fate, chiamate a riempire un vuoto di idee e progetti politici che evidentemente fa paura prima di tutto agli stessi impauriti e disorientati elettori di una sinistra che è diventata come l'isola, quella che non c'è.
E che, par di capire, se continuerà nella caccia alle figurine nei partiti altrui, continuerà a non esserci ancora per un bel po'. Perché le idee sono come il coraggio e come diceva il Manzoni se uno non le ha, mica se le può dare.
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