Letta canta già vittoria: "Sarà una bella giornata"

Il leader dem, che ieri ha visto Draghi, azzarda la previsione: "Mi sveglierò sereno"

Letta canta già vittoria: "Sarà una bella giornata"

Ieri Enrico Letta ha incontrato Mario Draghi per chiedergli di non mollare. Ormai è chiaro: il Partito Democratico, al netto delle dichiarazioni pubbliche dei giorni scorsi e di qualche voce isolata che era parsa appartenere al «partito del voto», non vuole ponderare l'ipotesi delle urne. La direttiva sarebbe quella di non far filtrare nessuna informazione sulla linea del partito ma che la speranza non siano le elezioni anticipate viene chiarito a tutti nel pomeriggio, quando il vertice Dem, durante un convegno sull'automotive, ha svelato le carte: «Auspichiamo che la campagna elettorale sia nella primavera dell'anno prossimo». In serata, poi, è arrivato il pronostico: «Come mi sveglio domani? Sereno. Sarà una bella giornata, ne son sicuro», ha detto alla festa romana dell'Unità. Intanto il campo largo, a prescindere da come finirà la vicenda legata all'esecutivo, non c'è più: la mossa di Giuseppe Conte non può non avere un seguito di rottura. Per quanto Letta, forse per evitare che un domani gli si imputi la fine dell'unità nel centrosinistra, tende a dribblare qualunque attacco diretto ai grillini.

In secondo luogo, qualora l'ex presidente della Bce decidesse di dimettersi in ogni caso, svanirebbe qualunque possibilità di progetto di riforma della legge elettorale. Dunque il Pd, senza un'alleanza chiara in mente e senza uno schematismo in grado di scongiurare una sconfitta, sta cercando di diventare più «draghiano» del premier stesso. «Avanti con Draghi - ci ha dichiarato l'ex ministro Valeria Fedeli - per realizzare l'agenda sociale: energia, cuneo fiscale, aumento salari e pensioni, precarietà». «Serietà e responsabilità verso il Paese», ha chiosato la senatrice. Goffredo Bettini, che le cronache, a differenza del correntone di Base riformista, che com'è noto vorrebbe i pentastellati fuori dall'alleanza, considerano molto vicino al capo grillino, ha provato a tutelare le istanze poste sul tavolo dal Movimento. Bettini lo ha fatto nel corso del coordinamento politico.

È fisiologico che emergano differenze tra chi, come i moderati, vorrebbe rompere ogni legame con i pentastellati e chi, come il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il ministro Andrea Orlando e Bettini stesso, preferirebbe tenere più di uno spiraglio aperto verso Conte. Il risultato però non cambia: tutto fuorchè votare dopo l'estate. Una considerazione l'ha fatta anche la vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia del Pd Anna Rossomando: «Oggi la parola responsabilità non può essere un richiamo generico, deve identificarsi con l'agenda sociale: lotta alla precarietà, alzare i salari, tagliare le tasse sul lavoro. Una priorità che non può essere rinviata, per questo non va interrotto il lavoro del governo Draghi». La conseguenza è la medesima: per il Pd bisogna arrivare alla scadenza naturale della legislatura.

Il senatore Andrea Marcucci intravede un traguardo soltanto: «C'è un solo risultato da raggiungere mercoledì - ha annotato al Giornale - : Draghi che continua il suo lavoro a Palazzo Chigi. Le condizioni le porrà lui ed i gruppi parlamentari responsabili le accetteranno». Insomma nel Pd qualcuno spera che sia Conte a ripensarci. Altri, tifando per una seconda scissione grillina e confidando nel Draghi bis, vorrebbero sfruttare l'occasione per salutare per sempre il populismo liquido dell'ex «avvocato degli italiani».

Nel dibattito influiscono le logiche correntizie, i tatticismi dei singoli, le aspettative prospettiche dei blocchi e così via. Sulle urne però non c'è distinguo che tenga: il Pd tutto, sull'argomento voto, si comporta come un monolite.

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