L'Europa mette in soffitta la missione Sophia. E sui barconi gira la testa dall'altra parte

L'Unione vuole contrastare il traffico d'armi. La scoperta del "pull factor"

L'Europa mette in soffitta la missione Sophia. E sui barconi  gira la testa dall'altra parte

Morta Sophia, se ne fa un'altra peggio della prima. Il consiglio Affari esteri della Ue ha partorito ieri un aborto, rivendicato dall'Italia, per (non) fermare le armi che arrivano in Libia. L'Europa ha votato all'unanimità una nuova missione navale, aerea e con l'utilizzo di satelliti teoricamente operativa a fine marzo. La prima «novità», sbandierata dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, come un grande successo, è che la flotta si sposterà verso Est, davanti alla Cirenaica, il territorio controllato dal generale Khalifa Haftar che assedia Tripoli. Gli strateghi europei sono convinti, che così bloccheranno il grosso delle violazioni all'embargo in Libia. Peccato che le armi dall'alleato di ferro di Haftar, l'Egitto, continueranno tranquillamente a transitare via terra. Borrell ha candidamente ammesso che la Ue «non può dislocare truppe al confine tra Libia ed Egitto. Sono due Stati sovrani. Non possiamo andare lì e dire buongiorno, sono arrivati gli europei». La genialata è venuta in mente a Di Maio. Ma i migranti quasi mai partono dalla Cirenaica e il flusso, più consistente, di armi turche sbarca via nave a Tripoli arrivando a Ovest, in Tripolitania.

La seconda novità è che «per la prima volta si riconosce l'esistenza di un pull factor, un fattore di attrazione dei migranti dovuto alla presenza di militari europee davanti alle coste libiche» annuncia Di Maio. Ci sono voluti anni e quasi 45mila migranti sbarcati in Italia dalla missione Sophia per capire quello che il Giornale denunciava dall'inizio. Borrell e il ministro degli Esteri sprofondano nel ridicolo quando spiegano che se «la missione divenisse un pull factor per i flussi migratori verranno cambiate le zone di operazione. Gli assetti marittimi saranno ritirati dalle aree rilevanti». In pratica se un pugno di trafficanti lancia dei gommoni verso le navi militari, come hanno ripetutamente fatto in passato, la flotta fugge davanti ai migranti. E pensare che il consigliere militare di Borrell è il generale degli alpini Claudio Graziano con vasta esperienza all'estero.

La terza «novità» è il potenziamento dell'arma aerea. Si spera anche con caccia intercettori, non con banali velivoli disarmati come per Sophia. Una bella fetta delle armi arriva in Libia con voli cargo che atterrano a Tripoli, Misurata, Bengasi e altre basi dei due contendenti. «I consiglieri militari (generale Graziano, nda) ci hanno detto che è importante usare i radar sulle navi per controllare il traffico aereo e avere informazioni» spiega il capo della diplomazia europea. A parte che gli arei radar Awacs americani stanno già monitorando tutto e pure noi italiani presenti in Libia, ma una volta «scoperti» i carichi di armi volanti agli aerei facciamo solo ciao? Oppure li dirottiamo costringendoli a cambiare rotta e se non rispettano gli ordini li abbattiamo con tutto l'arsenale? Altrimenti è un inutile doppione.

Poi ci sarà una fantomatica sorveglianza di confini terrestri non meglio identificati.

Quello egiziano no e il tunisino difficile perché non entrano grossi carichi. Probabilmente quello meridionale, in particolare con il Niger, dove le armi, però escono dalla Libia per finire nelle mani di gruppi jihadisti come Boko Haram.

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