Stangata in arrivo per Apple, via Dublino. La Commissione Europea infatti, con una decisione senza precedenti ha condannato l'Irlanda a farsi restituire dal gruppo di Cupertino 13 miliardi di euro ritenuti benefici fiscali illeciti che hanno portato ad una alterazione della concorrenza. Dublino avrebbe garantito una via preferenziale ad Apple, consentendo al colosso hi-tech Usa di pagare un'aliquota pari all'1% sui suoi profitti europei nel 2003 scesa, peraltro, allo 0,005% nel 2014 contro il 12,5% richiesto alle altre società. Bruxelles ha poi specificato che l'ammontare che dovrà essere recuperato da Dublino sarà ridotto qualora altri Stati richiedessero ad Apple il pagamento di ulteriori tasse relative al periodo considerato, ritenendo che le vendite del gruppo Usa abbiano avuto luogo nelle loro giurisdizioni e non in Irlanda, quartier generale di Cupertino nel Vecchio Continente dal 1980.
«La Commissione europea ha lanciato un'iniziativa per riscrivere la storia della Apple in Europa, ignorare le leggi fiscali irlandesi e capovolgere il sistema fiscale internazionale», ha dichiarato in una nota Tim Cook, numero uno della Mela, definendo «nefasta» la decisione e sottolineando che quest'ultima «avrà un profondo e dannoso effetto sugli investimenti e sulla creazione di posti di lavoro in Europa». Apple ha comunque già annunciato di voler ricorrere in appello, appoggiata, in questa scelta, da Dublino.
Intanto sia Istanbul che Londra si sono dette ben felici di ospitare Apple qualora quest'ultima decidesse di cambiare indirizzo. «Apple dovrebbe venire in Turchia. Il Paese sarebbe felice di offrire incentivi fiscali più generosi» ha twittato il vicepremier turco Mehmet Simsek. evidenziando che il colosso hi tech «non dovrebbe avere a che fare con la burocrazia della Ue».
Non si è fatta attendere neppure la reazione degli Usa. La Casa Bianca, tramite il portavoce Josh Earnest, ha stigmatizzato l'approccio «unilaterale» di Bruxelles» e si è detta «preoccupata di un approccio unilaterale nei negoziati sugli aiuti di Stato che minacciano i progressi che abbiamo fatto con gli europei per rendere il sistema tributario internazionale giusto verso i contribuenti, ma anche verso le aziende che cercano di fare business nel mondo». Il ministero del Tesoro americano, a sua volta, ha denunciato che la decisione di Bruxelles rappresenta una minaccia «agli investimenti stranieri, al clima per gli affari in Europa, e l'importante spirito di partnership economica tra Stati Uniti ed Ue».
La cifra è colossale. È vero che qualche sporadico caso di sanzione inflitta dalle autorità europee direttamente agli Stati membri e indirettamente alle società coinvolte per agevolazioni fiscali ritenute illecite ci era già stato nel recente passato (ad esempio nei confronti di Edf, Fca e Starburcks oltre che nei confronti di alcuni club spagnoli, questa volta l'ammontare previsto fa riflettere non solo il mercato, ma anche i giuristi. Di fatto, notano gli esserti, Bruxelles è intervenuta a gamba tesa in un ambito, quello fiscale che ancora oggi è delegato alla sovranità nazionale, non europea. E potrebbe essere solo l'inizio.
L'autorità guidata da Margrethe Vestager, commissaria europea per la Concorrenza, dovrebbe infatti prendere a breve decisioni anche su Amazon in merito all'accordo fiscale con il Lussemburgo, su Mc Donald's (sempre su accordi fiscali con il Lussemburgo) e su Google, su cui sono stati aperti numerosi dossier (Google shopping ad Alphabet sino ad Android). Più in particolare, per quanto riguarda il motore di ricerca leader a nel mondo, il Sunday Telegraph ha di recente ipotizzato una possibile sanzione da tre miliardi per concorrenza sleale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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