L'imprenditore e la sfida a un governo di incapaci. "Così ci fanno chiudere"

Gli strali contro la maggioranza e i 5 Stelle. La rabbia per le troppe giravolte dei virologi

L'imprenditore e la sfida a un governo di incapaci. "Così ci fanno chiudere"

Fra i cuscini, i magnum e le danze sfrenate del Billionaire, immaginifico fin dal nome, la vita pare una festa esclusiva. Lui però non ha mai avuto tempo per seguire quel metronomo euforico e languido. L'esistenza di Flavio Briatore è un'accelerazione continua, come ai tempi gloriosi della Formula 1. Al mattino ti risponde al telefono da Montecarlo, al pomeriggio lo ritrovi a Londra, per concludere magari la trafficatissima giornata a Milano. Se vuoi togliere ai nuovi ricchi il complesso di inferiorità che fatalmente si portano dietro devi girare come una trottola: acchiappare il sogno e confezionarlo con carta costosissima ma con colori che non mettano a disagio chi aprirà con mani ruvide e inesperte.

Per farlo, ci vuole una disciplina interiore, quella trasmessagli dal padre, insegnante piemontese che finì con il bocciare il figlio, ribelle ma mai trasgressivo, in quinta elementare. La forza interiore è la chiave di un personaggio chiamato ad offrire ad altri un lusso sfrontato e irriverente. Briatore diventa fatalmente antipatico e spazza via con il suo realismo feroce quel buonismo inconcludente che secondo lui é la lebbra dell'Italia di oggi. Disprezza gli incompetenti, disprezza il governo e a maggior ragione disprezza i Cinque stelle che, secondo lui, stanno consumando l'Italia come una candela. Un mese fa, in collegamento con cento imprenditori di Varese per la manifestazione Il sogno che Va, rispondeva cosi ad una mia domanda su Di Maio: «L'hanno scelto come ministro degli Esteri perché non sapeva due parole di inglese». Fine dell'analisi, perché lui non aveva tempo da perdere. Ma a spiazzare chi lo catalogava a occhi chiusi dall'altra parte dello schieramento, fra i lustrini e le modelle di matrice berlusconiana, aggiungeva ruvido e anzi brutale: «L'ospedale in Fiera? Dal primo giorno avevo pronosticato il fallimento. Non si può fare una casa di cura in quel modo».

Un giorno, finito il lockdown, si era sfogato al telefono: «Io devo decidere se riaprire i miei locali ma non ho disposizioni, non ci sono regole e se ci sono cambiano tutti i giorni. Cosi moriranno centinaia di ristoranti e bar, così i miei stagionali restano a casa senza stipendio Questi sono degli incapaci». E intanto studiava i flussi dei turisti voraci e danarosi, immaginando i tripli o addirittura i quadrupli turni per cenare. Briatore è sempre stato questo: un profeta del politicamente scorretto, pronto a intestarsi battaglie su battaglie contro le mezze misure, i compromessi, i balbettii di una classe dirigente chiusa fra le pareti del luogo comune, stretta fra sotterfugi, cavilli, eccezioni. «All'estero - la frase ripetuta come un mantra - non fanno così», e ascoltandolo sentivi emergere tutto il suo disgusto. Facile catalogarlo come un antipolitico, ma guai a confonderlo con l'antipolitica stracciona, alla Valmy, dei grillini. Lui è sempre stato altrove, fiero della propria arroganza. Allergico ai salotti, lui che ha creato club dorati.

Così in queste settimane ha attaccato i virologi che predicavano bianco al mattino e nero al pomeriggio, terrorizzando inutilmente gli italiani con il solito diluvio di raccomandazioni più scivolose di una saponetta, e il sindaco di Arzachena che, a suo giudizio, boicottava il Billionaire, e faceva ballare gli avventori sui tavoli di locali meno blasonati. Poi gli aveva allungato una perfida stoccata: «Arzachena la conoscono solo lui e due pecore. La fortuna della Sardegna è la Costa Smeralda». La cartolina da fotoshoppare e che in tanti, invece, hanno sciaguratamente maltrattato. Fra divieti, pregiudizi e norme incomprensibili.

È andata come è andata e ora é fin troppo comodo puntare il dito contro di lui. Ma, per dirla con Bertolt Brecht, a Flavio Briatore non è mai dispiaciuto sedersi dalla parte del torto. Lo aspettavo domenica pomeriggio al Principe di Piemonte di Viareggio per un dibattito con Alessandro Sallusti, primo evento de Gli incontri del Principe.

Ci teneva molto, sarcastico e tagliente come sempre. Ma il bistrattato virus si è preso la rivincita e ha cancellato per una volta tanta baldanza: «Sto di m..., mi ricovero al San Raffaele». Ritornerà. Più implacabile di prima.

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