L'inflazione dello sciopero generale

Il sindacato sta cercando se stesso, con un grammo di consapevolezza.

L'inflazione dello sciopero generale

Il sindacato sta cercando se stesso, con un grammo di consapevolezza. Stare in piazza a Bologna, tutti e tre, serve a riconoscersi. Cgil, Cisl e Uil avevano perso un po' l'abitudine a muoversi insieme, a dare un segnale comune. Ci saranno un paio di repliche già scritte sul calendario: il 13 maggio a Milano e il 20 a Napoli. È stata battezzata come «campagna di primavera», che servirebbe a mostrare indignazione e disappunto alle politiche del governo sul lavoro. La tesi è che Giorgia Meloni non sia abbastanza sensibile alle difficoltà dei salariati.

Il sospetto è che ci sia anche un forte pregiudizio. Il margine di manovra del governo è sicuramente limitato. Il debito pubblico non è un macigno recente. Detto questo, buona parte delle risorse sono state investite per arginare le ferite dell'inflazione. Il primo maggio il governo ha scelto di rendere la busta paga un po' più ricca. È l'inizio di un percorso e punta a ridurre il carico fiscale sul lavoro dipendente. C'è ancora tanto da fare, ma non si può dire che non ci sia l'interesse e la volontà di fare qualcosa. Non basta? Non basta mai, perché è chiaro che le tasse sul salario sono una spina sulla pelle di chi lavora e anche di chi fa impresa. È però questione antica. Il sindacato era distratto?

Il nodo è capire le politiche sindacali del futuro. L'impressione è che Cgil, Cisl e Uil vogliano contare di più. Giorgia Meloni non deve solo consultarli, ma in qualche modo concordare con loro certe politiche. Si chiama «concertazione» e non sempre ha funzionato. Quando il sindacato governa spesso fa danni. Questo, per essere chiari, vale anche per Confindustria. Il paradosso di questa storia è che si rimprovera di fatto alla Meloni di non avere una vocazione corporativa. È troppo anglosassone e poco populista (o fascista). Il suo peccato è dialogare con le parti sociali, ma segnando un confine: la responsabilità delle scelte spetta a chi è stato eletto per governare.

La realtà è che anche Cgil, Cisl e Uil sanno che lo scontro al momento non può essere troppo duro. Non c'è fretta di giocarsi la carta dello sciopero generale. Lo dice in modo netto Bombardieri per la Uil e va cauta anche la Cgil. Landini dice: «Non so se uno sciopero generale possa risolvere il problema.

Se vogliamo essere onesti, il percorso che abbiamo di fronte non è né semplice né breve. La verità è che dopo 10 anni siamo in presenza di un governo che ha i numeri in Parlamento per durare 5 anni». Landini su questo non mente.

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