L'interrogatorio farsa che i pm vogliono usare per incastrare Matteoli

Inchiesta Mose, l'accusatore Mazzacurati ha l'Alzheimer e confonde nomi e date: "Buttate le mie dichiarazioni". Ma la procura insiste: è attendibile

L'interrogatorio farsa che i pm vogliono usare per incastrare Matteoli

Più che un interrogatorio è un supplizio, l'ultimo tentativo di strappare alla mente ormai annebbiata del grande vecchio del Mose la conferma alle accuse che hanno scatenato la tangentopoli della laguna. L'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati risponde alle domande di un giudice americano che lo interroga a San Diego per rogatoria richiesta del Tribunale dei ministri. È affaticato, ricorda poco o nulla, confonde date e circostanze. Ma alla fine conferma di aver dato soldi all'ex ministro dell'Ambiente e delle Infrastrutture Altero Matteoli. Salvo poi, quando in conclusione gli viene chiesto se vuole cambiare qualcosa delle sue dichiarazioni, rispondere: «Buttatele pure».

Ma i magistrati non le hanno affatto buttate. Anzi. Sono convinti che sia ormai «dimostrato l'asservimento di Matteoli alle politiche del Consorzio Venezia Nuova». E sulla base di queste conclusioni il Senato ora dovrà decidere se autorizzare la Procura a continuare le indagini sull'ex ministro. Certo il contenuto di questo interrogatorio reso nell'ufficio del procuratore generale di San Diego lo scorso 17 settembre, alla presenza della moglie Rosangela Mazzacurati, non potrà non pesare sul voto dell'aula. Anche alla luce del fatto che le precedenti dichiarazioni dell'ex presidente del Consorzio, lì dove accusa Matteoli, potrebbero essere dichiarate inutilizzabili perché all'epoca non verbalizzate dal Tribunale dei ministri ma dalla Procura di Venezia. Gli avvocati di Matteoli, Francesco Campagna e Giuseppe Consolo, non sono riusciti neppure ad ottenere un incidente probatorio per cristallizzare le accuse di Mazzacurati, le cui condizioni psico-fisiche sono nel frattempo peggiorate. In base ai documenti trasmessi in Italia dal Dipartimento della Giustizia statunitense il 25 settembre scorso l'ingegnere ottantaduenne mostrerebbe addirittura i primi segni di Alzheimer. E dalla lettura del verbale americano appare abbastanza evidente che l'ingegnere non ricorda praticamente più nulla. Gli vengono letti stralci delle sue precedenti dichiarazioni e conferma di aver dato 300-400mila euro a Matteoli per finanziare la campagna elettorale, portati personalmente al ministero. In quale anno? «Penso nel '93», risponde. In tempi di Prima Repubblica, cioè, quando Matteoli militava ancora nel Movimento Sociale. Poi si corregge, parla del 2000, poi del 2012, per arrivare al 2013. «Ne è sicuro?», gli chiede l'interprete. «Non sono per niente sicuro», risponde Mazzacurati. Quando il giudice gli domanda di spiegare quali favori abbia ricevuto da Matteoli in cambio dei soldi l'ingegnere risponde così: «Non ricordo bene se gli abbiamo mandato, dato 'sti soldi o meno, e in che modo, ma la sostanza è che sono arrivati dei fondi che hanno finanziato i lavori». Si va avanti così, per oltre tre ore, come una vera e propria via crucis, fino a quando l'udienza viene sospesa per far riposare l'ingegnere. Che quando il colloquio riprende non ricorda neppure più cosa sta facendo in quella stanza e chiede: «Ma voi, scusate, chi diavolo siete?».

«Sono dichiarazioni surreali che come tali meritano di essere considerate», afferma l'avvocato Compagna. Matteoli si dice sereno.

Vuole chiedere ai colleghi di autorizzare comunque le indagini affinché non rimangano ombre su di lui: «Basta leggere questo interrogatorio per rendersi conto che il mio accusatore fa affermazioni inverosimili e false», commenta il senatore di Fi.

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