L'odio antisemita alla radice del male. Ma il mondo sunnita isola i palestinesi

La "vendetta" per Jenin agitata da Hamas e Jihad islamica è solo propaganda. Egitto e Giordania si allineano alle posizioni Usa

L'odio antisemita alla radice del male. Ma il mondo sunnita isola i palestinesi

Il titolo degli attacchi terroristici di ieri e venerdì a Gerusalemme, il primo nel Giorno della Memoria della Shoah alla Sinagoga di Ateret Avraham, il secondo con l'arma impugnata da un bambino di 13 anni nella zona Città di David è: odio ideologico, incitamento antisemita. A Ramallah, a Shkem, a Jenin e anche a est Gerusalemme si sono distribuite caramelle per la gioia. Hamas, la Jihad Islamica, anche Fatah, hanno cercato di travestire gli attacchi da vendetta politica, ma non funziona.

È un retaggio onnipresente contro la presenza ebraica in Israele; è un anno passato con 2.200 attacchi, e 29 morti, seguiti da manifestazioni di gioia. Le operazioni di polizia e anche la conferma elettorale della destra per migliorare la difesa dei cittadini con più determinazione, vengono coi decenni di missili da Gaza, coi coltelli, i mitra, le auto lanciate sui passanti, le urla di morte agli ebrei, mentre l'aiuto internazionale, specie dall'Iran, si allargava da Gaza fino all'Autonomia Palestinese. Intanto però i Paesi arabi sunniti si allontanavano sempre di più dal rifiuto palestinese, e stavolta dall'Egitto come dalla Giordania la voce di condanna si unisce a quella americana: Biden chiede addirittura se può venire ad aiutare. Gli Usa sanno che l'Iran trova il suo vantaggio nelle guerre in corso, ed è una minaccia che si allarga dal conflitto Russo Ucraino su tutto l'occidente, mentre i droni iraniani oltre che su Israele, volano su Kiev.

Le operazioni dell'esercito israeliano a Jenin della scorsa settimana cercavano di arrestare cellule terroristiche pronte a un altro grande attacco terroristico, e lo scontro a fuoco è stato inevitabile. Ma a Gerusalemme, sono invece cent'anni di terrorismo: le sue tracimazioni insanguinano l'Europa e gli USsa. La Sinagoga di Roma nell'82, in Francia, in Belgio nell'Europa del Nord, in America, Rue de Copernique, Ilan Halimi, Rue de Rosiere, Charles Hebdo, la scuola di Tolosa, il museo ebraico di Bruxelles, Pitzburg. Il mucchio di nomi e date sarebbe impervio. E in Israele il terrore è un continuo: la Seconda Intifada, quasi duemila persone uccise sugli autobus, e nelle pizzerie, sempre passanti, donne, bambini, passanti.

Il ragazzo che ha ucciso 7 ebrei e ne ha ferito altrettanti venerdì sera è un arabo israeliano con documenti blu, che gli permettono di essere ovunque, di prepararsi a dovere. Chissà se aveva mai incontrato la coppia scesa da casa per soccorrere i feriti, marito e moglie, Eli e Natalie Mizrahi, che ha steso uno dietro l'altro. Quel giovane di 21 anni, Aqlam Khairi, sapeva quando i suoi vicini di Neve Tzedek, quartiere popolare, escono dalla preghiera. Così il ragazzo che ha compiuto il secondo attentato, e si spezza il cuore, aveva 13 anni. Ha sparato a un padre e a suo figlio che passeggiavano dopo la preghiera. Da qui si vede la Moschea di Akl Aqsa. A suo tempo Arafat invitò proprio i bambini a essere shahid per Gerusalemme, oggi Abu Mazen paga fino a 3.200 dollari di stipendio ai terroristi o alle loro famiglie e che li definisce eroi e martiri; disegna così un popolo che non può crescere in educazione e civiltà.

Se oggi cadesse il tabù dell'assoluzione preventiva ai palestinesi che violano i diritti umani, delle donne, dei gay, dei dissidenti, nella loro società, si eviterebbe di arrivare agli estremi a cui si è arrivati verso l'Iran prima dell'attuale rivoluzione. Il fatto che ogni giorno gli Ayatollah e le Guardie della rivoluzione chiamino alla distruzione di Israele è apparso ai più una sciocchezza, da ignorare, così è coi palestinesi. E costa la pace al mondo.

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