Il nucleare, come fonte energetica pulita, ha trovato la benedizione della Commissione Ue. Una scelta geo-politica che fa discutere e, come sempre, divide. Facciamo chiarezza con Chicco Testa, intellettuale riformista e manager che ha ricoperto ruoli di primo piano nell'industria italiana, compreso il vertice dell'Enel, di cui è stato presidente.
Considera il nucleare un'opzione concreta per l'Europa dei prossimi decenni?
«Serve una premessa: non stiamo parlando dell'Italia. Non ritengo possibile parlare del ritorno del nucleare. Ci sono stati due referendum e l'opinione pubblica è nettamente contraria. Ma il mondo non finisce in Italia. E la decisione presa dalla Commissione Ue è giusta».
Perché?
«L'energia nucleare pesa per il 25% del consumo elettrico europeo ed è a zero emissioni di CO. Se si vuole fare la guerra a queste, non si può fare a meno dell'energia nucleare. È già presente nei programmi di diverse nazioni come Francia, Olanda e Inghilterra ed è candidata a sostituire il carbone in Paesi dell'est europeo. Per non parlare di Cina e India, che stanno costruendo decine di nuove centrali nucleari. E per fortuna, se no sarebbero tutte a carbone».
Non sono più sicure le fonti rinnovabili?
«Essere per il nucleare non è mettersi contro le rinnovabili. Certo che queste vanno sviluppate, ma sono centrali a intermittenza, dipendono dal sole, dal vento. Quindi servono fonti complementari che integrino le rinnovabili. E a questo scopo il nucleare è la fonte più pulita».
La norma Ue crea asimmetrie competitive tra Stati membri?
«No. Ci saranno Paesi che decidono di non utilizzare il nucleare. Ma non c'è un veto a farlo. Ognuno fa quel che gli pare. Ma io ritengo che senza il nucleare la transizione ecologica - cioè azzerare le emissioni di CO entro il prossimo decennio - non si può fare. Ricordo che i tedeschi hanno realizzato due gasdotti per supplire al carbone. Chiudono al nucleare, quindi hanno bisogno del gas. Ma così aprono il problema della dipendenza energetica dal gas russo. Idem per l'Italia, che dipende all'80% da petrolio e gas che importiamo. L'unico Paese che può guardare alla transizione da «indipendente» è la Francia. Per il resto questa è una grande debolezza per l'Europa ed è giusto che la Commissione si sia mossa sul nucleare».
Qui da noi il tema energia è diventato rovente per il caro bollette. Come valuta l'attenzione della politica?
«Guardi, stiamo vivendo una crisi energetica. Prezzi di gas ed elettricità sono almeno raddoppiati e da quel che capisco la tendenza è destinata a durare. Con aggravio di costi per famiglie e imprese che rischiano di finire fuori gioco. Allora trovo singolare che anziché ragionare su cosa fare, si faccia solo propaganda: da una parte Salvini che dice facciamo le centrali quando si sa che ci vogliono almeno 10-15 anni perché si torni a utilizzare energia nucleare. Dall'altra Letta che si è subito dichiarato contro il nucleare non in Italia, bensì in Europa, e pure contro il gas. Ricordo che importiamo il 10% di energia elettrica nucleare dalla Francia, che facciamo il 50% dell'elettricità con il gas e che il suo prezzo è la causa prima degli aumenti delle bollette: lo trovo un fantastico autogol. In un colpo solo è un dito nell'occhio alla Germania, che ha bisogno del gas, uno sgarro ai francesi sul nucleare e una zappa sui piedi per noi. Senza energia un Paese è morto: affrontare questo problema a colpi di tweet è irresponsabile».
Perché al nucleare si oppone fermamente anche l'Enel, la nostra prima società elettrica?
«L'Enel fa legittimamente i suoi interessi. Per molti anni hanno coinciso con quelli dell'Italia e viceversa. Ma oggi ho molto dubbi che l'Italia possa contare sull'Enel per risolvere i suoi problemi energetici».
Sono più allineate all'interesse nazionale le strategie dell'Eni?
«Tutte le aziende fanno i loro interessi.
Detto questo mi pare ci sia un minor disallineamento da parte dell'Eni. E in proposito noto che abbiamo importanti riserve di gas nel Mediteranneo, che sfruttano croati, israeliani, turchi, ciprioti, tutti. Mentre in italia è vietato perché ci guadagnerebbe l'Eni. Ma anche il Paese».
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