Un referendum di tutti, un'autonomia che fa bene a tutti. Apre e rassicura Roberto Maroni, quando ormai manca poco più di un mese al voto che potrebbe consegnare alla Lombardia (e al Veneto) lo storico rango di Regione «speciale». Il 22 ottobre, garantisce il presidente della Regione Lombardia, sarà una partita win-win: sono previsti solo vincitori e nessuno potrà intestarsi i proventi politici della vittoria: né lui né la sola Lega, né il centrodestra. Anzi, il Sì non porterà acqua al solo Nord: darà una scossa positiva all'intero Paese, comprese le Regioni del Sud.
Per presentare la campagna referendaria della Lega, il governatore lombardo partecipa a una conferenza stampa insieme ai vertici locali del Carroccio. Il referendum è il cuore del suo primo mandato da presidente: Maroni ha voluto il referendum e ne ha fatto una battaglia cruciale, se possibile più importante delle stesse elezioni regionali (in vista in primavera). La posta in gioco è talmente importante, però, che deve essere condivisa. Maroni si toglie dal centro della scena quindi, e accende tutti i riflettori sulla battaglia che è «apolitica» e «apartitica». Firma aperture a 360 gradi sul terreno politico e istituzionale e - pur essendo in via Bellerio, sede della Lega nord - non dismette la sua veste istituzionale. Le polemiche post-Pontida sono ancora fresche ma Maroni, confermando parole di affetto per «l'amico» Umberto Bossi, non dimentica di citare il segretario Matteo Salvini, che ai militanti ha appena scritto: «A partire dal referendum dimostreremo che abbiamo idee giuste e squadre giuste». E poi, il referendum non è (solo) della Lega. Maroni condivide la battaglia con l'intera maggioranza. Non solo: vuole coinvolgere un bel pezzo di opposizione: si dice disposto a portare in delegazione a Roma i sindaci del Pd e convinto che anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sia interessato all'operazione. «Dal 23 ottobre, il giorno dopo il referendum - assicura - sono pronto a portare in delegazione anche i rappresentanti degli altri partiti, il M5s, i sindaci del Pd, perché è l'unione che fa la forza. Mi auguro che prevalga il buon senso». Il suo probabile sfidante alle Regionali Giorgio Gori oggi sarà a un'iniziativa del sì insieme al lui. Poi la mano tesa a Palazzo Chigi. L'obiettivo del voto è trattenere almeno il 50% del residuo fiscale della Lombardia, che ammonta a 54 miliardi: «Questo - sottolinea Maroni - lo si fa con una legge ordinaria, si può fare anche con la prossima legge di bilancio. Io penso che Gentiloni potrebbe essere interessato a fare un'operazione di questo genere». L'ultima garanzia è per il Sud. Maroni assicura che l'autonomia della Lombardia conviene a tutta Italia: «Il referendum non è un atto di egoismo contro il Sud - scandisce -. È il contrario». E alle Regioni meridionali prospetta un rapporto bilaterale in grado di finanziare investimenti produttivi nel Meridione. «Io - scopre le carte - sono disponibile a mettere in parte queste risorse (27 miliardi, ndr) non per pagare gli stipendi ai forestali, ma per fare investimenti al Sud. Potremmo favorire quelli delle nostre imprese al Sud con degli sgravi fiscali. Apriremmo una strada nuova nella collaborazione tra Regioni senza passare da Roma».
A 151
anni esatti dal plebiscito per l'annessione al Regno d'Italia di Venezia e province venete (era il 21-22 ottobre), il Lombardo-Veneto vota di nuovo: per tornare indietro almeno in parte. E la scommessa è che tutti dicano Sì.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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