Senato, sindaci, sindacati. Gli ultimi bastioni di opposizione a Macron sono ormai ben definiti e pronti a fare da controcanto a un quinquennato parlamentare quasi monocolore. Dopo la vague che ha ridisegnato la geografia dell'emiciclo legislativo, queste tre «S» rappresentano i principali poli di resistenza alla tendenza En Marche!. Il voto «politico» ha infatti preparato il terreno per un governo che sulla carta dovrebbe avere vita facile, ma non così tranquilla. E se in Assemblea nazionale le opposizioni sono ridotte al lumicino, altri blocchi di potere anti-Macron paiono schierati.
Nonostante la maggioranza schiacciante ottenuta dal presidente nel ramo numero 1 del Parlamento, La République En Marche!, per esempio, non ha eletti in Senato (che non era in gioco in questa tornata). E faranno sentire la propria voce in un sistema che resta bicamerale. Nelle città, i sindaci, a partire da Anne Hidalgo nella capitale francese, si stanno organizzando per creare movimenti di opposizione. A Parigi, sulle ceneri dei socialisti, la sindaca ha già raccolto numerose adesioni attorno al nuovo soggetto Dès Demain (Da Domani) per non lasciare il monopolio della sinistra a Jean-Luc Mélenchon; la soffiata ai giudici che ha avviato l'inchiesta contro i centristi costola di En Marche! sarebbe partita proprio dall'entourage di Hidalgo, con l'accusa di presunti impieghi fittizi al partito del guardasigilli Bayrou e le prime grane mediatiche al governo En Marche!-MoDem.
Non solo i politici sopravvissuti allo tsunami: anche i sindacati preparano la controffensiva d'autunno, a partire dalla legge sul lavoro. E se a Palazzo Borbone la destra parlamentare rischia di implodere - frammentata tra opposizione dura e mano tesa, al punto che potrebbe dividersi in due gruppi - a livello regionale il fronte anti-Macron è più compatto. Molti presidenti sono tentati di alzare barricate di principio su leggi ambientali o sul piano dei trasporti. In primo luogo, i repubblicani Laurent Wauquiez, presidente dell'Auvergne-Rhône-Alpes che punta a guidare i Repubblicani dal prossimo autunno senza cedere alle lusinghe di En Marche!, promettendo un'opposizione netta e un programma alternativo; e i colleghi Xavier Bertrand e Valérie Pécresse, alla testa di Hauts-de-France e Île-de-France.
Il nuovo potere macroniano deve pure considerare la vigilanza della Corte costituzionale, che in nome del diritto potrebbe respingere alcune iniziative legislative del governo. Ad esempio, la già criticata legge post Stato di emergenza, che di fatto lo renderebbe permanente anche qualora non fosse rinnovato, rendendo difficoltose le manifestazioni di piazza. Infine, gli insegnanti e i militari. Entrambe queste due categorie hanno fatto sapere che gli impegni presi in campagna elettorale dall'allora candidato alla presidenza della Repubblica, giunto nel frattempo all'Eliseo, non devono essere accantonati né rimandati per presunte ragioni di budget. Altrimenti sarà un Hollande-bis, con la fiducia quasi certa in Parlamento, ma col gradimento del Paese che andrà via via scemando, fino a logorare un quinquennato partito coll'in bocca al lupo della maggioranza dei francesi.
Senza contare che l'arrivo in massa di deputati sconosciuti e inesperti sotto le insegne di En Marche! potrebbe riservare sorprese sgradevoli.
Alcuni marcheurs in corsa per un seggio hanno già sfiorato il ridicolo in questi giorni di fine campagna, e il pericolo più temuto, ammette qualcuno nel quartier generale macroniano, è proprio di gaffes tra le file della maggioranza. FDR- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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