"L'Ue cambi passo" Draghi alza la voce. E anche i dem ora si svegliano

Il premier pronto a portare il nodo ricollocamenti al prossimo consiglio Ue. Letta: "Non possiamo affrontare l'estate con gli strumenti attuali". I governatori leghisti contro la ridistribuzione

"L'Ue cambi passo" Draghi alza la voce. E anche i dem ora si svegliano

Ora diventa un'urgenza, con l'arrivo dei mesi estivi, da risolvere in Europa dal prossimo consiglio europeo. Il premier Mario Draghi riporta l'immigrazione in cima all'agenda di Bruxelles, perché il meccanismo di riallocazione di chi sbarca «è stato messo a dormire, al Consiglio europeo di lunedì lo riproporrò, occorre riprendere una discussione su questo, serve un accordo. Lo avremo all'ordine del giorno di un altro Consiglio europeo ma occorre assolutamente trovare un accordo».

L'emergenza che si affaccia all'orizzonte e che rischia di esplodere nelle prossime settimane impone «un cambio di passo in tutte le direzioni», dice Draghi. Gli strumenti «non mancano ma devono essere impiegati con equilibrio, efficacia e umanità». Secondo il premier la gestione dei flussi migratori dovrà passare da un «intervento economico che l'Unione europea deve fare nel suo complesso. Serve una collaborazione bilaterale con i Paesi di partenza ma anche una collaborazione multilaterale tra la Ue e i Paesi di partenza. E poi c'è il ruolo delle Nazioni Unite».

E ora anche il segretario del Pd Enrico Letta lancia l'allarme su Bruxelles. Con gli sbarchi che mettono sotto pressione la prima linea dei Paesi del Mediterraneo, senza un intervento organico europeo «la situazione rapidamente sarà senza controllo, non possiamo affrontare la prossima estate con gli strumenti esistenti. Non sono sufficienti», ha detto dopo l'incontro con l'Alto Rappresentante Ue Josep Borrell. «Bisogna avere il «coraggio di andare avanti anche senza i Paesi che bloccano tutto. Se vogliamo aspettare sempre, su questi temi, di essere tutti d'accordo - dice Letta - non si andrà da nessuna parte. Se alcuni non vogliono starci, gli ungheresi, i polacchi, bisogna andare avanti anche senza di loro». Il Pd chiede sopratutto «un rafforzamento delle politiche di salvataggio e soccorso, attraverso per esempio un cambiamento della missione dell'operazione Irini». Il leader della Lega Matteo Salvini annuncia che si rivolgerà al premier: «Dobbiamo parlare con Draghi. Io porto in dote agli italiani dei risultati, non idee o promesse. Quando ero al ministero dell'Interno nel 2019, gli immigrati irregolari sbarcati furono circa 1200, quest'anno siamo quasi a 14mila con tutti i problemi che ne conseguono. Non è possibile che, nell'estate della ripartenza, si preveda l'arrivo di migliaia di persone ogni settimana».

Arrivi che vanno redistribuiti nei centri italiani per alleggerire la pressione sulla Sicilia. Ma proprio sulla redistribuzione dalle regioni del nord si alza il muro dei governatori leghisti: «Credo che non ci sarà disponibilità di molte regioni a prendere immigrati entrati irregolarmente nel Paese. Se affrontano così la questione dei flussi migratori, con la redistribuzione sul territorio nazionale, peggioreremo anche la situazione», avverte Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle Regioni.

Il ministro dell'Interno Lamorgese - ieri in visita a Tunisi per aumentare rimpatri e attivare una linea diretta per segnalare le partenze - sta lavorando anche a un accordo condiviso con Francia e Germania per attivare un meccanismo di solidarietà sui prossimi sbarchi. Ma lo scontro è anche interno.

Con Forza Italia che boccia la proposta del Pd che «ha rilanciato una missione europea di salvataggio nel Mediterraneo, che oltre a costituire un incentivo alle partenze e agli affari degli scafisti, senza un meccanismo automatico di redistribuzione dei migranti - sempre rifiutato dagli altri Paesi Ue - si trasformerebbe in un boomerang per l'Italia», attacca l'azzurra Anna Maria Bernini.

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