L'ultima dei 5S: "Berlusconi si è ritirato? Merito di Conte"

I grillini la sparano grossa: "La fermezza di Conte ha inciso sul ritiro di Berlusconi". Ma il Cav ha già spiegato la verità: passo indietro per responsabilità nazionale, nonostante avesse i numeri sufficienti

L'ultima dei 5S: "Berlusconi si è ritirato? Merito di Conte"

Se credevate di averle sentite tutte allora non eravate al corrente dell'ultima tesi sostenuta dal Movimento 5 Stelle. I grillini l'hanno sparata grossa, attribuendo a Giuseppe Conte il merito che alla fine ha portato Silvio Berlusconi a rinunciare a candidarsi per la presidenza della Repubblica. Lo hanno sostenuto fonti del M5S dopo il vertice del centrodestra di ieri sera: i pentastellati sono convinti che "la fermezza del nostro 'no', il dialogo intrattenuto da Conte con i rappresentanti del centrodestra e le possibili azioni forti che abbiamo paventato hanno sicuramente inciso sul doveroso ritiro della candidatura da parte di Silvio Berlusconi".

La verità di Berlusconi

Dispiace disincantare i 5 Stelle, immersi in un mondo tutto loro con tanto di convinzioni astratte, ma è doveroso riportare il tutto alla realtà. Per farlo bisogna partire dalle parole del leader di Forza Italia. Dichiarazioni che danno il segno di come - ancora una volta - abbia anteposto gli interessi dell'Italia a quelli personali e politici. Il Cavaliere ha deciso di fare un passo indietro nella corsa per il Colle poiché il nostro Paese "ha bisogno di unità, al di là della distinzione maggioranza-opposizione, intorno allo sforzo per combattere la gravissima emergenza sanitaria, per far uscire il paese dalla crisi".

La caratura del suo gesto aumenta ancora di più se si considera che Berlusconi avrebbe potuto contare sul sostegno anche delle anime al di fuori del centrodestra: ha fatto sapere che, dopo una serie di incontri con parlamentari e delegati regionali, aveva "verificato l'esistenza di numeri sufficienti per l’elezione". Altro che meriti di Conte: la scelta del Cav è stata dettata da uno spiccato senso di responsabilità nazionale.

Guai per Pd e M5S

Sono state immediate le reazioni trionfanti del fronte giallorosso, convinto ancora di imporre al centrodestra come comportarsi nell'elezione del capo dello Stato. "Nessuno ha il diritto di prelazione. Serve un nome super partes, ampiamente condiviso", continuano a ripetere come un disco rotto dal Partito democratico. Sempre la stessa teoria, ma in realtà il centrodestra parte da una posizione numerica di vantaggio e ha tutto il diritto di proporre una candidatura della propria area.

La retorica della sinistra mira a mettere il bastone tra le ruote all'operato della coalizione. Già in giornata Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia dovrebbero rivedersi per avviare una discussione su una rosa di quirinabili, "tutti di alto profilo". Prima potrebbero sentirsi al telefono da remoto e poi vedersi dal vivo per valutare e selezionare i "petali" della rosa. La sinistra è all'angolo: tolta la candidatura di Berlusconi, ora quale scusa si inventerà per porre veti nei confronti del candidato del centrodestra?

A testimoniare lo stato di confusione dei giallorossi è l'ipotesi di optare per Andrea Riccardi come candidato di bandiera. È questa la possibilità emersa nelle ultime ore negli ambienti di M5S, Pd e Leu, che potrebbero mettere in campo il fondatore della Comunità di Sant'Egidio nelle prime votazioni.

Il suo profilo potrebbe essere al centro dell'incontro che si terrà questa mattina tra Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza. Dopo aver demonizzato Berlusconi, ora non ci sono più scappatoie: accettare un profilo del centrodestra, maggioranza in Italia, che ha il dovere di eleggere al Colle un presidente affine.

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