Gerusalemme. C'è una sola cosa chiara in mezzo allo choc e al dolore: Yahia Sinwar e il suo discorso fatto di ordini senza ragioni, né spiegazioni. Pura jihad: gli ebrei sono i nemici, andate e uccidete. Lo ripetono, i social, le tv, li echeggia la stampa. Il capo di Hamas sabato da Gaza ha dato l'ordine preciso a tutti i musulmani: gli arabi israeliani, quelli di Gaza o dell'West Bank. Chi non ha armi colpisca comunque, afferrate un'ascia, un coltello, qualsiasi cosa, e colpite. E così è andata, e di nuovo la gente senza colpa è stata aggredita. Fa sette attentati con 19 morti dal 21 di marzo: si comincia a Gerusalemme, poi 4 morti a Beersheba, donne che fanno lo shopping, poi a Hadera, 2 guardie ragazza a ragazzo; poi a Bnei Berak, quartiere religioso di Tel Aviv, 5 morti; poi a un caffè di Tel Aviv, 3 uccisi; poi a Ariel un ragazzo che ha coperto col suo corpo la sua ragazza, e ora questi ultimi tre.
Non c'è tempo per le lacrime, non c'è tempo per il sorriso, nel giorno del 74esimo compleanno di Israele non c'è tempo per congratularsi di aver costruito un magnifico paese democratico, né per disperarsi. I giorni si inseguono nell'incertezza mentre non si rinuncia a costruire il sogno impossibile di una democrazia sotto attacco, non sai se sei in pace o in guerra, se sei contento o disperato, ma la legge è costruire una democrazia in mezzo al Medioriente che non blocca i permessi degli arabi a entrare, venire a lavorare o a divertirsi, o la libertà religiosa. Le tre vittime Yonatan Havakuk, Boaz Gol, Oren Ben Yftach, tutti sui 40 anni, sono state assalite a colpi d'ascia mentre per strada festeggiavano l'Indipendenza dello stato Ebraico, una vicende che suscita incredulità insieme all'orrore. Altre due feriti gravi sono all'ospedale in condizioni disperate. La cittadina religiosa di Elad ha una frotta di bambini, i tre uccisi lasciano 16 orfani.
E adesso cosa si fa, chi sono i terroristi, cosa vogliono, chi li comanda? Come si possono fermare? Il governo e l'opinione pubblica discutono di eliminazione mirata di Sinwar. Ma il guaio non è solo nella leadership. Ovunque spuntano terroristi. Dalle foto, ora sono due ragazzotti di 19 anni, uno con in capelli ritti di brillantina, provengono da un sobborgo della solita Jenin, una vera fabbrica di terroristi. E facile immaginare che della vita non sappiano niente, solo odio per gli ebrei e Israele; e che immaginino che la «moschea di Al Aqsa è in pericolo» e che «gli ebrei la vogliono bruciare» slogan usati sin dai tempi del mufti Haj Amin al Husseini, che si alleò con Hitler. Questo ha ripetuto Hamas nel Ramadan che finisce in queste ore, e cosi fece anche un anno fa quando poi optò per la pioggia di missili. Farsi difensore della Santa Moschea fa di Hamas la testa dei palestinesi; ma Abu Mazen, che non si tira mai indietro, stavolta, mentre discute coi Giordani la gestione di Al Aqsa, sembra preoccupato dell'occupazione di Hamas, e condanna l'attacco di Elad. La verità per chi la vuol sapere è che Israele cerca solo di impedire l'accumulo di armi e di violenza a Al Aqsa, mentre mantiene lo status quo che consente la libertà religiosa.
Hamas usa le moschee con grande cinismo anche a fronte del mondo islamico, i suoi leader sono campioni di strumentalismo nella battaglia politica per conquistare tutto il mondo islamico e palestinese. Sinwar è uno dei leader, con Ismail Hanjieh e altri: sa bene l'ebraico, mentre era in carcere ha fatto l'università, è stato operato fino alla guarigione di un cancro al cervello, è stato restituito alla libertà con lo scambio fantasmagorico di 1.027 prigionieri contro il soldato Gilad Shalit nel 2011. Di Sinwar, che fece seppellire vivi 12 traditori nella sabbia, si sostiene che adesso deve essere dichiarato «dead man walking» come per esempio Hassan Nasrallah, capo degli Hezbollah, che non esce da anni dal suo bunker a Beirut, come lo era lo sceicco Yassin che fu eliminato. Ma le misure immediate di sicurezza come l'eliminazione dei leader lasciano poi rinascere la testa dell'Idra; si deve scoprire come far cessare il lavaggio del cervello dei ragazzi coi capelli imbrillantinati d'oggi.
La società israeliana è fatta di ebrei ed arabi che vivono fianco a fianco in mille attività lavorative e ricreative. Le fonti di odio devo essere chiuse, distrutte, anche se la società democratica non ama farlo. Ma è ancora più dura andare a 19 funerali in tre settimane.
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