E adesso, tocca a Mario? Le urne tedesche sono ancora calde, frau Merkel è tuttora in sella, eppure la domanda già circola a Bruxelles e nelle altre capitali continentali: dopo i sedici anni di regno della cancelliera, a chi passerà lo scettro? Chi raccoglierà l'eredità di Angela? Chi sarà il nuovo leader forte dell'Unione?
Dunque, è l'ora di Draghi? Foreign Affairs l'ha incoronato «campione d'Europa e speranza dell'Occidente». I suoi possibili avversari non se la passano troppo bene. Crollato dopo la Brexit il vecchio asse Berlino-Parigi-Londra, afflitte da debolezza cronica le istituzioni formali della Ue, appare in difficoltà anche Emmanuel Macron: il presidente francese, che tra qualche mese sarà impegnato in una difficile campagna elettorale per restare all'Eliseo, sta pure scontando la crisi dei sottomarini, la commessa da 66 miliardi di dollari per l'Australia che Washington gli ha sfilato. E la Germania, che comunque per la sua forza economica resterà sempre al centro della Ue, impiegherà parecchie settimane per esprimere una leadership all'altezza della Merkel.
Intanto la stella di Draghi è in salita rapida: da quando è a Palazzo Chigi l'Italia ha scalato posizioni e ripreso almeno in parte quella credibilità che aveva da tempo smarrito. I successi nella lotta al Covid, la preparazione del piano per il Recovery Fund, le riforme avviate, la capacità di governare nonostante una maggioranza eterogenea e litigiosa: tutto ciò, insieme alla caratura internazionale del presidente del Consiglio, stanno trasformando Roma in un partner di nuovo affidabile. Sperando che il magic moment duri.
E in questi mesi lo sforzo per rilanciare il Paese è stato accompagnato da un nuovo protagonismo sulla scena estera. Dai vaccini, quando in primavera Draghi ha imposto a Bruxelles una svolta nella politica di distribuzione, al piano di aiuti europeo: l'Italia realizzerà le riforme richieste, garantisce Mario. Dall'Afghanistan, con il tentativo di aprire corridoi umanitari e di allargare la platea dei mediatori, ai temi del futuro europeo. Sicurezza, migrazioni, diritti, ambiente, tasti su cui Draghi ha battuto spesso. E una politica estera comune, senza la quale la Ue è destinata all'irrilevanza. Insomma, come prevede il Council on Foreign Relations, «l'Italia è pronta a esercitare una crescente influenza sull'Europa e sul suo impegno nel mondo, rinvigorendo le relazioni transatlantiche». Un po' lo sta già facendo in qualità di presidente del G20: si spera in qualche buona sorpresa dai prossimi vertici di Roma.
Da Palazzo Chigi sull'argomento silenzio assoluto. Un mese fa il premier ha ricordato che con Berlino «il legame è destinato a rafforzarsi». In un libro-intervista con Massimo Nava ha elogiato la Merkel. «Una leader straordinaria, preparata, europeista.
Amici? Non nel senso di mangiare una pizza insieme. C'è rispetto e stima, ci consultiamo spesso». Sul futuro niente. Ma ci pensa Luigi Di Maio: «Abbiamo un cambio di leadership nella Ue, come Italia possiamo cogliere l'opportunità e colmare questo vuoto».
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