Al 41º giorno che la Francia è priva di un premier nel pieno delle funzioni, con il dimissionario Attal costretto a supplire all'indecisione del presidente Macron, all'Eliseo sono riprese ieri le consultazioni per capire che indirizzo dare al nuovo esecutivo. E al termine i leader hanno scoperto le carte. Macron, via comunicato, scarta l'ipotesi di dare incarichi al Nuovo fronte popolare della gauche, dopo che Jean-Luc Mélenchon aveva giocato il jolly nel fine settimana, dicendosi disposto perfino a non far parte del governo purché a Matignon vada Lucie Castets, l'enarca considerata dalla destra un Cavallo di Troia per i propositi dell'estrema sinistra. Marine Le Pen, ricevuta da Macron con Jordan Bardella, ha risposto alla mossa chiedendo al presidente una sessione straordinaria dell'Assemblée, chiusa altrimenti per un altro mese, prima dell'indicazione: se Macron avesse infatti dato l'incarico a Castets cedendo alle pressioni della gauche, la potenziale premier avrebbe avuto fino al 1° ottobre per operare scelte per decreto, senza che il Parlamento potesse toccar palla. Un rischio subodorato ieri pure da Attal, che in qualità di capo dei centristi ha accusato Mélenchon di giocare sporco.
Alla fine Macron ha annunciato un nuovo giro di tavolo all'Eliseo: con leader e «personalità». Non necessariamente politiche. I lepenisti, come già i centristi e neogollisti, avevano escluso sostegni parlamentari di sorta a qualsivoglia governo che tenesse dentro l'estrema sinistra mélenchoniana; quella France Insoumise accreditata dalle urne come primo partito del Nuovo fronte della gauche, ma accusata da tempo, e ancor più dopo l'attentato alla sinagoga Beth Yaacov di sabato, di variazioni sul tema antisemitismo simili a derive che secondo larga parte delle formazioni politiche fomentano il crescente odio verso gli ebrei, triplicato dal 7 ottobre. Pure un deputato socialista, Sébastien Vincini, ieri ha chiesto al segretario Ps di rompere con loro. Insomma, impasse. Ennesima fumata nera. Per «BleuMarine», sarebbe stato altrimenti Mélenchon a condurre le danze di un esecutivo con Castets premier. Concorda con Le Pen, Attal: «Non firmeremo un assegno in bianco». Per Éric Ciotti, neogollista alleato dei lepenisti, la sola intesa possibile è ora «l'unione delle destre».
Un comunicato dell'Eliseo in serata scarta per ora solo l'ipotesi di governo del Nuovo fronte della gauche in nome della «stabilità istituzionale», chiedendo ai leader di dar prova di «spirito di responsabilità». Si va verso un secondo giro di consultazioni. Ma su X il Nuovo fronte popolare dice che non tornerà all'Eliseo, a meno che non si dica Castets premier: «Pronti alla coabitazione», scrive la protagonista del balletto. Forzature. Accuse dalla France Insoumise a Macron: «Sei antidemocratico». Ma possibili sorprese. Nel comunicato, l'Eliseo esorta di fatto comunisti, ecologisti e Ps a smarcarsi dai mélenchoniani. E nel caos, a candidarsi a esercitare «un potere positivo» sono pure gli industriali.
Patrick Martin, presidente del Medef (la Confindustria francese), fa appello a un «gran reset» disegnando un programma politico che certi retroscena accomunano a una segreta volontà macroniana di ricorrere a un governo tecnico se non si troverà una quadra tra i partiti. E pure Martin, guarda caso, stigmatizza il programma dell'estrema gauche, dall'aumento del salario minimo a 1.600 euro netti al mese (200 in più dell'attuale) all'abolizione della riforma delle pensioni.
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