Il maniaco ora accampa scuse: "Non volevo, è stato un raptus"

L' uomo nega la premeditazione. In realtà ha attirato la vittima in trappola. Gli autisti: «Il 90% delle violenze non viene denunciato»

Il maniaco ora accampa scuse: "Non volevo, è stato un raptus"

Roma - Ora che lo hanno trovato e tutti sanno chi è e che faccia ha il bruto che venerdì mattina ha violentato una tassista alla periferia di Roma, lui, lo stupratore arrestato domenica dalla polizia, recita la parte di quello che proprio non si spiega cosa possa essere scattato nella sua mente. «È stato un raptus», azzarda. Come se fosse una giustificazione e non piuttosto un ulteriore insulto alla vittima. Il raptus di uno che ha comunque avuto la lucidità di far dirigere l'auto bianca guidata da una tassista di 43 anni lì dove sapeva che nessuno lo avrebbe disturbato. E che già in passato aveva avuto problemi con la categoria per storie di corse non pagate.

Da quando ha confessato, domenica sera, Simone Borgese, 30 anni, cameriere a chiamata, è a Regina Coeli in attesa dell'interrogatorio di garanzia in programma oggi. Preso di mira da tutti. Dai tassisti, che sono sul piede di guerra perché vogliono maggiori tutele e che per questo hanno anche proclamato uno sciopero (secondo il presidente della cooperativa di radiotaxi 3570, Loreno Bittarelli, il 90 per cento delle violenze subite dalla categoria non verrebbe denunciato), ma anche dalla gente comune che ha coperto di insulti la sua pagina Facebook costringendo il colosso di Menlo Park a chiuderla. La Procura ha sollecitato la convalida del fermo e l'emissione del provvedimento di custodia cautelare in carcere. Alla richiesta inviata al gip dal pm Eugenio Albamonte è stato allegato il verbale del primo interrogatorio, nel corso del quale il trentenne ha confessato la violenza ricostruendo il momento dell'aggressione in una stradina di Ponte Galeria. Una zona che Borgese conosce bene perché è lì vicino che abita con i nonni da quando si è separato dalla moglie, con la quale ha una figlia di sette anni. «Non volevo, non mi è mai capitata una cosa di questo tipo, me ne pentirò tutta la vita», ha ammesso davanti al pm. Senza mai perdere la calma. Eppure quella mattina da uomo apparentemente normale si è trasformato in un mostro. Stanco di aspettare l'autobus in via Aurelia per tornare a casa dopo aver dormito da un amico, ha deciso di fermare con un cenno il taxi. Lo guidava una donna che aveva appena preso servizio. Borgese è salito e ha chiesto di essere portato in una via poco distante, poi ha cambiato idea e ha preteso che la tassista si dirigesse in una stradina sterrata e piuttosto isolata. Lì l'ha fatta fermare, le ha dato un pugno in faccia e ha abusato di lei dopo aver reclinato il sedile. Poi, prima di fuggire a piedi, le ha preso novanta euro dal portafoglio. La tassista, seppur sconvolta, è stata in grado di descrivere il viso del violentatore alla polizia, che l'indomani ha diffuso un identikit. Quel volto è stato riconosciuto da un collega della vittima che una decina di giorni fa, sempre nella stessa zona, aveva preso a bordo un giovane che non aveva i soldi per pagare la corsa e che come garanzia gli aveva lasciato il suo numero di cellulare. Con la segnalazione del tassista le indagini hanno avuto un'accelerazione. Borgese alla fine è stato incastrato dal telefono, perché gli investigatori sono risaliti a lui dalle celle agganciate dal suo numero: all'ora della violenza il trentenne era proprio lì, nella zona indicata dalla vittima. L'ultimo tassello è stato il riconoscimento fotografico Effettuato dalla vittima domenica in questura. Nessun dubbio che lo stupratore fosse lui, quella faccia la donna non la dimenticherà facilmente.

Quando è stato rintracciato, in via della Pineta Sacchetti, il cameriere ha tentato di fuggire, ma è stato bloccato dagli agenti. In casa sua sono stati trovati durante una perquisizione i vestiti descritti dalla vittima.

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