Tende, abiti, hijab. Giorno di mercato a Nizza davanti al Palais Nikaia dove alle 20 Marine Le Pen tiene il primo discorso da candidata senza simbolo. Siamo nella Nizza «di confine». Otto ambulanti su dieci sono musulmani. Dati per voti persi, non c'è nessuno del Fronte Nazionale a fare volantinaggio in mezzo a spugne e detersivi. La «candidata del popolo» sta per arrivare in terra sarkozista e proverà a convincere da qui l'elettorato indeciso, quello gollista che al primo turno ha scelto Fillon. Sul nazionale ha recuperato due punti in due giorni, ma è ancora 59 a 41 la percentuale dei sondaggi pro-Macron.
Senza il cognome, senza foto, una locandina blu invita al grande incontro pubblico con «Marine». Blindato da controlli al metal detector. Le Pen, che ha abbandonato la fiamma e l'ingombrante nome del padre e ora è solo Marine, nuova strategia. Con tanto di «congedo» dalla presidenza del Front National: per attirare la maggioranza assoluta dei francesi che vale l'Eliseo non ha neppure risposto all'sms di papà Jean-Marie, che domenica si è congratulato con lei. E si è preoccupata che la notizia giungesse ai media.
A Nizza potrebbe esserci un record di astensionismo, dicono intanto gli esperti del quotidiano Nice-Matin. A sinistra c'è chi non è convinto neppure al 50% di Macron e se Le Pen risveglia indecisi e cattolici pro-Fillon (dove cova tanti voti) potrebbe giocarsela fino in fondo: «Voglio provare a unire a cittadini di destra e di sinistra attorno all'idea che bisogna fare tutto il possibile per conservare la nazione francese, con le sue specificità, la sua cultura e identità spiega Marine . Voglio una Francia serena, che affermi con fierezza la sua storia millenaria, senza che un giovane imbonitore ce la faccia dimenticare».
Ce l'ha con Macron e i suoi ideali europeisti, e attacca duramente all'inizio del suo comizio serale l'uomo che «è la nostra antitesi perfetta: pronuncia i suoi discorsi in inglese e accusa la Francia di crimini contro l'umanità quando è all'estero. Un piromane che cerca di presentarsi come pompiere». Parole e promesse. Rimbalzano su persone straniere alle prese col tutto a un euro. Sono i francesi immigrati diventati commercianti. Espongono stoffe, pantofole, ferri da stiro. «Votate Le Pen, mi raccomando!», dice ironico Mustapha alla signora che si lamenta del prezzo di un giaccone: «Ma è fatto in Cina!». «Appunto», ribatte lui col sorriso. «Vada a votare Le Pen così poi sarà francese e lo stesso capo lo pagherà il doppio», insiste.
Stemperano la tensione alla vigilia del meeting che potrebbe cambiare il corso delle presidenziali e magari la loro stessa esistenza, visto il piano di limitare a diecimila ingressi legali l'anno di Le Pen, lo screening degli irregolari e le espulsioni per le Fiche S. A poche ore dall'arrivo di Marine, un avamposto di militanti di «En Marche!» offre intanto «dieci buone ragioni per votare Macron, le conoscete già, ma è per ricordarle». Cédric, pensionato 72enne, intercetta donne in hijab, parla semplice. Donne e uomini presenti al mercato in maggioranza francesi di origine nordafricana e araba non sembrano gradire la propaganda. Come se si fosse infranto uno spazio privato, un luogo dove la politica non è mai entrata. «Sotto elezioni ti chiedono il voto, poi spariscono se hai un problema», dice Hamed.
«En Marche! è in mezzo alla gente, marciamo anche se piove». Maya, 35enne di colore, responsabile di zona dei macroniani, tra i passanti spiega che a Nizza ci sono circa 5.400 iscritti ad «En Marche!». Cercano di arginare il ciclone Le Pen prima che possa far detonare frasi a effetto dal palazzetto. Si sono organizzati di corsa via Facebook. Temono che i sondaggi possano sbagliare.
Ma il suo picchetto con palloncini bleu blanc rouge e le bandiere europee non basta a dar loro fiducia. Le Pen «almeno ha affittato un palazzetto», scherza Hamed. Molti stranieri ci ridono sopra. Regolari, non la vedono quasi più come un pericolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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