C ompito degli artisti è spostare in avanti le lancette del tempo, spesso con velocità doppia rispetto al comune sentire. Obiettivo inconscio prevedere -e dunque anticipare- i tempi che verranno. Si tratta, attraverso l'ideazione di opere e la propagazione di nuove idee, di istigare le menti in circolazione a fare un «passo avanti», a scattare tutti insieme una fotografia di un luogo che ancora nessuno ha visitato e far sì che questo luogo prenda così forma, diventi accogliente, divenga il presente.
Pensavo a questo quando mi sono trovato davanti al famoso quadro di Manet Le déjeuner sur l'herbe conservato al museo d'Orsay, a Parigi.
Un quadro tutto sommato per noi oggi innocuo, sicuramente bellissimo dal punto di vista pittorico ma, se osservato con gli occhi di un contemporaneo, non proprio folgorante. Eppure, quando Manet lo dipinse, ben sapeva che stava «attaccando» il tempo cercando di portarsi in un luogo che ancora non c'era. Nel 1862 era impensabile raffigurare una donna nuda, serena, tranquilla, serafica, mentre fa colazione su un prato in compagnia di due uomini ben vestiti e sicuramente interessanti. Non che fosse la prima volta che in arte si vedesse un nudo e per di più di donna (!) ma non sussistendo nell'opera pretesti mitologici o letterari per raffigurare in quel contesto una donna completamente nuda questa iconografia diventò in mancanza di «foglie di fico» potremmo aggiungere metaforicamente - la rivoluzione di Manet, la provocazione, la sua folgorante intuizione per spostare in avanti di forza il tempo di quel tempo
Pensandoci bene il compito di spostare in avanti le lancette dell'orologio degli umani non è affidato solo agli artisti tout-court. Nella moda, ad esempio, diversi geni hanno operato in questo senso, perché l'abbigliamento è sempre un segno dei tempi; per questa ragione nel lessico comune troviamo l'espressione «cambiamento del costume» quando si deve definire una forte mutazione sociologica. Mi viene in mente Mary Quant, la piccola ragazza inglese che negli anni '60 impose la minigonna.
Ebbene, la minigonna ha spostato in avanti i tempi ancor più che il primo lancio di un missile orbitale. In fondo, su quel missile, che ci fosse una cagnetta o Gagarin poco importava all'uomo della strada, mentre vedere finalmente le gambe delle donne, questo sì che importava a tutti. Mary Quant affermò: «Le vere creatrici della mini sono le ragazze, le stesse che si vedono per la strada», assegnando loro il compito di inventare inconsapevolmente una figura oggi molto diffusa e remunerata: il testimonial.
Un capo d'abbigliamento, dunque, che si prende la briga di cambiare il punto di vista, caricandosi sulle «spalle» il non indifferente peso di consegnare un'arma micidiale a milioni di
donne in attesa da secoli di un cambiamento epocale. La minigonna, da sola, ha avuto la forza di respingere l'irresistibile avanzata dell'esercito dei maschi fino a costringerli ad una ritirata conclusasi in perenne trincea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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