Mattarella congela la rivolta. "No alle guerre di religione"

Il capo dello Stato invita al dialogo con le toghe. La premier: "Da parte nostra nessun affronto"

Mattarella congela la rivolta. "No alle guerre di religione"
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E a un certo punto, messo velocemente da parte il capitolo Nato, Sergio Mattarella decide di andare dritto al sodo: sulla giustizia «evitiamo guerre di religione». Così, sorridendo, con il suo tono felpato ma senza troppi giri di parole, ecco che il presidente della Repubblica affronta il problema che sta tenendo sulla corda il governo, cercando di disinnescare il conflitto tra poteri dello Stato. Il Quirinale, spiega, non è contrario a una legge che sveltisca il sistema, che corregga alcune storture, che riduca i tempi dei processi, anzi; però vuole evitare «scontri che non convengono a nessuno». E poi attenti all'Europa, che sulla modifica dell'abuso d'ufficio e del traffico di influenze potrebbe sollevare obiezioni. Si vedrà. L'iter sarà lunghissimo e incerto e i risultati, dice, si ottengono con il confronto e il ragionamento, quindi ringrazia la Meloni, che a Riga ha abbassato i toni. «Ho molto apprezzato».

La premier sembra soddisfatta. «Da parte nostra - assicura - non c'è nessun attacco ai magistrati, nessuna rivalsa, non abbiamo alcuna voglia di riaprire le ferite del passato». Però, aggiunge, la riforma è parte integrante del programma dell'esecutivo che è stato approvato dal Parlamento, è «quello che i nostri elettori si aspettano da noi», e dunque il ddl Nordio andrà avanti. Giorgia si dichiara anche dispiaciuta per gli attacchi ricevuti da una parte delle toghe, perché «non abbiamo intenzione di punire o imbrigliare nessuno», e vuole mantenere separati i due piani, il riordino del settore e le inchieste che stanno colpendo esponenti di governo e della sua cerchia. Il sospetto di Palazzo Chigi è che certe indagini mirate servano solo a rallentare la riforma e mischiare gli argomenti, come sta succedendo, non aiuta la sua causa.

Il faccia a faccia sul Colle, un'ora di colloquio, viene definito «cordiale, intenso e costruttivo» e segue la riunione del Consiglio superiore di Difesa convocato da Mattarella per fare il punto sulla guerra in Ucraina e il summit Nato di Vilnius. Il comunicato ufficiale ribadisce «la forte condanna dell'Italia dell'aggressione operata dalla Federazione Russa e il sostegno a Kiev nella sua difesa contro l'invasore». Riaffermati l'impegno internazionale e la fedeltà atlantica, le divergenze possono verificarsi su temi interni. E infatti, prima di ricevere la Meloni, proprio mentre lei dai Paesi baltici rompeva il silenzio sui casi La Russa, Delmastro e Santanchè, il capo dello Stato mercoledì aveva accolto i vertici della Corte di Cassazione, il primo presidente Margherita Cassano e il procuratore generale Luigi Salvato. Un segnale preciso? Una scelta di campo? In realtà il presidente sta lavorando a luci spente per avvicinare i contendenti. Non ci sono occasioni pubbliche in vista, né riunioni del plenum del Csm in agenda e così la diplomazia del Colle, nel quadro della «leale collaborazione tra istituzioni», si sviluppa per canali non ufficiali. Mattarella è garante del potere legislativo del Parlamento e dell'autonomia della magistratura.

Il ddl firmato da Carlo Nordio è da qualche giorno sotto esame dei consiglieri giuridici del presidente. A parte le considerazioni di opportunità politica e i dubbi su alcuni provvedimenti che potrebbero cozzare con gli ultimi indirizzi di Bruxelles, il Quirinale non ha trovato profili di incostituzionalità o altri gravi motivi per respingere il testo. La firma arriverà nelle prossime ore. Non è un decreto, pronto all'uso, sul quale il capo dello Stato può esercitare la moral suasion. È un disegno di legge, che dovrà passare in commissione e poi nelle Aule, che sarà cambiato e rifatto cento volte prima di tornare sul Colle. Perciò ogni esternazione è «prematura».

Resta il capitolo scivoloso sulle inchieste e su eventuali passi indietro dei ministri e

sottosegretari coinvolti. Palazzo Chigi nei giorni scorsi ha parlato di attacco al governo. E Mattarella, a quanto riferiscono le fonti, non spinge ma lascia alla premier il compito di valutare. La stabilità innanzitutto.

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