Modena - «Anche oggi, che sono passati tre anni, con chiunque si parli il discorso inizia o finisce col terremoto». Basterebbe questa frase di Davide Boldrin, capogruppo della Lega in consiglio comunale a Novi di Modena, per far capire quale sia realmente la situazione nell'area colpita, il 20 maggio 2012, da quella che è stata la terza catastrofe naturale più pesante di quell'anno, preceduta solo dall'uragano Sandy e dalla siccità nel Midwest degli Usa.
Non sono, però, solo i danni materiali (peraltro stimati in circa 13 miliardi di euro) a condizionare la vita della gente. A distanza di tre anni rimangono gravissime conseguenze sulla salute: «Nell'area del cratere - dice il dottor Nunzio Borelli, medico di famiglia - il numero dei pazienti affetti da demenza è passato da 2000 a 2500; sono aumentati del 4% i casi di malattie autoimmuni; è cresciuta la dipendenza da alcool e gioco d'azzardo e si è registrato un incremento del 40% delle patologie psichiatriche, dall'ansia, all'insonnia, alla depressione». Tre dei 63 medici di famiglia del territorio lavorano ancora in un container sanitario dove entrano giornalmente 200 pazienti. «In quella struttura basta camminare e balla tutto - dice ancora il dottor Borelli -, chiunque entri ha la sensazione di rivivere il terremoto: è a dir poco devastante per gente che tiene ancora in macchina vestiti, scarpe, acqua minerale e scorte alimentari e dorme ancora al pianterreno perché non si sente sicura».
Don Andrea Zuarri è il parroco di Rovereto sulla Secchia, il paese dove il suo predecessore, don Ivan Martini, restò ucciso nel crollo della chiesa: «Ho celebrato più funerali nei primi otto mesi - osserva sconsolato don Andrea - che nei precedenti quattro anni. Chi angoscia di più sono gli anziani: a volte sembra manchi loro la voglia di vivere, appaiono ormai rassegnati ad aver perso tutto, a non rivedere mai più le loro case. Molti giovani, inoltre, se ne sono andati e non torneranno. Il paese si impoverisce sempre di più». La chiesa dove don Zuarri celebra la Messa è stata costruita ex novo su quello che era un prato dietro la canonica. La vecchia chiesa è completamente ingabbiata da strutture per la messa in sicurezza, costate la bellezza di 600mila euro e che oggi iniziano a cedere, come quella che abbiamo visto sul campanile, per mancanza di manutenzione. Ma la Soprintendenza è inflessibile: tutti gli edifici vincolati andranno recuperati, costi quel che costi.
Così, è davvero un viaggio nella desolazione, quello attraverso i centri storici di Novi di Modena, Concordia sulla Secchia e Mirandola: case distrutte, gabbie di tubi e i cartelli dei Vigili del Fuoco che hanno messo in sicurezza gli edifici devastati. Anche Luisa Turci, sindaco di Novi, è rientrata in casa sua il 19 aprile scorso: «Ho vissuto questi tre anni - dice Turci - da sindaco e da terremotata ed oggi posso dire che la ricostruzione è senz'altro partita, pur se occorre distinguere fra le categorie di edifici danneggiati, perché purtroppo - dice ancora Turci - non esiste una legge nazionale e procediamo a forza di ordinanze così, mentre la ricostruzione delle abitazioni private è iniziata e quella delle industrie procede, per gli edifici pubblici è impossibile fare previsioni: mi aspetto di vedere delle piazze con edifici nuovi e quelli storici ancora ingabbiati per molti anni. Ma rispetto a L'Aquila, dove sono stata, abbiamo gestito noi la ricostruzione, non abbiamo l'abbiamo affidata all'esterno: la gente rientra in casa propria e le aziende riprendono l'attività. È stato un grande impegno, ma ne vediamo i frutti».
Rimane il nodo dei finanziamenti pubblici per le ricostruzioni. Chi fotografa la situazione ad oggi è Sandro Romagnoli, presidente del Comitato «Sisma.2012»: «Siamo riusciti - dice Romagnoli - ad ottenere il risarcimento del 100% dei danni, che all'inizio era solo dell'80%, e lo Stato ha stanziato 6 miliardi di euro attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Rimangono, però, ancora 27.500 immobili totalmente inagibili, il che significa - sottolinea il presidente - con una stima di 1,6 persone per unità abitativa, qualcosa come 45.000 persone ancora fuori di casa. E se nei MAP (i moduli abitativi provvisori nei container, ndr ) ce ne sono solo 1.500, vuol dire che gli altri o sono ospiti di familiari e amici, oppure hanno cambiato residenza, molto spesso definitivamente. Manca, purtroppo, il dato degli immobili ricostruiti ma - dice Romagnoli - probabilmente si tratta di un numero talmente basso, che è meglio non parlarne. Resta da dire che, dei 6 miliardi, arrivano 450 milioni l'anno e ci vorranno 12/13 anni per averli tutti. Se i danni sono stati stimati, poi, in 13 miliardi, i conti sono presto fatti».
L'area
nord della provincia di Modena produceva il 2% del pil nazionale, circa 35 miliardi di euro. Quanto produca oggi non si sa: «Di certo - dice salutandoci Davide Boldrin - il 16 dicembre 2012 abbiamo dovuto pagare le tasse».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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