Meloni fa pace con l'Ue e "debutta" a Bruxelles. Impegno in Ucraina, pressing sul gas e stoccate sul gender

Non sarà un debutto lancia in resta quello di Giorgia Meloni. Che oggi pomeriggio è attesa alla sua prima a Bruxelles da presidente del Consiglio, una passerella niente affatto scontata

Meloni fa pace con l'Ue e "debutta" a Bruxelles. Impegno in Ucraina, pressing sul gas e stoccate sul gender

Non sarà un debutto lancia in resta quello di Giorgia Meloni. Che oggi pomeriggio è attesa alla sua prima a Bruxelles da presidente del Consiglio, una passerella niente affatto scontata per chi, come la leader di Fdi, negli anni passati ha spesso avuto accenti piuttosto critici verso l'Europa e le istituzioni comunitarie. Oggi, dunque, si chiuderà per certi versi un cerchio. Con il premier che farà visita, nell'ordine, alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Tre faccia a faccia che saranno soprattutto un primo contatto e difficilmente diventeranno l'occasione per confronti serrati su specifici dossier. L'importante, d'altra parte, è aprire un canale di dialogo. E completare quel percorso che Meloni ha iniziato qualche anno fa, quando nel 2020 - grazie anche ai buoni uffici di Raffaele Fitto, oggi ministro degli Affari europei - fu eletta presidente dei Conservatori e riformisti europei. Prima ancora di essere la prima donna premier in Italia, infatti, la leader di Fdi è stata anche la prima italiana a guidare un partito europeo.

Un appuntamento, quello di oggi, a cui il premier tiene molto, ben consapevole che qualunque aggiustamento al Pnrr non può che passare per Bruxelles. Ed è forse questo uno dei punti più delicati, vista la ritrosia di von der Leyen a rimettere mano al Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Non ci sono pregiudizi» verso il governo italiano, fa sapere il portavoce della presidente della Commissione. Anche se non è un mistero che l'Italia è uno dei Paesi che più ha utilizzato i fondi del Pnrr. Modifiche sostanziali al Recovery, dunque, finirebbero inevitabilmente per avere un effetto a catena anche su gli altri Paesi. Il che, di fatto, significa che a parte i margini per qualche minimo ritocco, tutte le altre modifiche vanno necessariamente concordate con tutti i Ventisette. Il che, quantomeno, vuol dire che difficilmente si tratterà di un percorso rapido.

Ma sul tavolo, ovviamente, ci sono anche la crisi energetica e il caro bollette. Con l'Italia che - insieme alla Francia - insiste per un nuovo Recovery energetico, che al momento non è in campo anche e soprattutto per l'aperta ostilità della Germania. «Serve una strategia energetica comune più incisiva», fa non a caso presente il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, in visita ieri a Berlino. Ma se persino Mario Draghi ed Emmanuel Macron non sono riusciti a far passare la linea di destinare debito comune a chi più soffre la crisi, difficilmente Meloni la spunterà, quantomeno nel breve periodo.

Infine, altri due dossier piuttosto delicati: Ucraina e immigrazione. Due fronti su cui in Europa chiedono e pretendono chiarezza, viste anche le posizioni tenute nelle ultime settimane dagli alleati. Il sostegno a Kiev è, di fatto, una sorta di discriminante, anche perché Bruxelles spera di trovare in Meloni una decisa continuità con la linea Draghi. Sul punto il premier italiano sarà nettissimo, ma per l'Ue la discriminante sarà la tempistica con cui Roma darà il via al sesto decreto interministeriale per l'invio di nuove armi. Al massimo per dicembre, è la richiesta dell'Unione e dell'Ucraina. Infine il fronte immigrazione, su cui Bruxelles auspica che il governo italiano eviti speculazioni propagandistiche. I flussi in entrata in Italia, infatti, non sono ritenuti preoccupanti, soprattutto non paragonabili ai numeri di rifugiati ucraini che sono arrivati in questi mesi in alcuni Paesi europei: quattro milioni solo in Polonia, due milioni in Ungheria.

È per tutte queste ragioni, forse, che Meloni ha preparato la visita di oggi a Bruxelles senza contemplare né una conferenza stampa, né un più discreto e rapido doorstep. Una decisione che starebbe rivendendo, perché è evidente che una scelta del genere lascerebbe passare il messaggio di una sorta di scappata e fuga in incognito. È possibile, dunque, che dopo l'incontro serale con Michel ci sia un passaggio con la stampa.

Proprio ieri, intanto, alla vigilia del suo primo viaggio all'estero da premier, sono uscite le anticipazioni del libro di Bruno Vespa in cui il premier racconta la sua idea di Europa. È quella, dice, di «un'Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà». Insomma, «non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma» e «non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi». E non rinnega, Meloni, le sue critiche all'Ue.

«Abbiamo avuto un'Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi materie. Non converrebbe lasciare agli Stati nazionali il dibattito sul diametro delle vongole e occuparsi invece a livello comunitario dell'approvvigionamento energetico?».

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