È un day after piuttosto inusuale quello di Giorgia Meloni. Che non solo si guarda bene dal festeggiare, ma sceglie addirittura di eclissarsi. C'è la stanchezza, certo, perché alla fine, spiega Ignazio La Russa, «è stata sveglia fino alle sette» di ieri mattina. Ma pure la volontà di calibrare ogni passo, nella consapevolezza che gli occhi dell'Europa e dei mercati sono tutti puntati su di lei. Così, quella che ogni probabilità sarà la prima premier donna della storia italiana, decide di passare l'intera giornata a casa. Si concede solo una breve fuga sulla sua Mini per andare a prendere la figlia Ginevra. Ma il cappuccio della felpa tirato su e gli occhiali scuri sono la testimonianza tangibile di quanto voglia restare lontano dai riflettori. D'altra parte, parlare nel giorno in cui tutti i leader fanno il bilancio di vittorie e sconfitte, non avrebbe granché senso. Anzi, l'unico rischio sarebbe quello di dover rispondere alle inevitabili domande sul crollo di Matteo Salvini. Così, finisce che all'hotel Parco dei Principi sono Francesco Lollobrigida, Luca Ciriani e Giovanni Donzelli a presentarsi in conferenza stampa.
Meloni, invece, resta nella sua casa a Roma sud, non lontana dall'Eur. Dove a più riprese arrivano piante e composizioni floreali, evidentemente il pensiero di chi festeggia con lei la vittoria elettorale. Per il resto non si vede nessuno, se non qualche residente incuriosito. Nessuna riunione politica, insomma. Almeno di persona. Perché poi è evidente che la leader di Fratelli d'Italia ha iniziato già da ieri a lavorare sulle prossime mosse. Non tanto la squadra di governo, per la quale i rumors restano gli stessi degli ultimi giorni, visto che ancora ieri sera tardi i partiti erano tutti alle prese con il conteggio dei resti e l'ormai celebre effetto flipper, a cercare di capire eletti e non. Quanto la tempistica di insediamento del nuovo governo, su cui Meloni vuole dare un segnale. D'altra parte, incombe la legge di bilancio, da presentare alle Camere al più presto per scongiurare l'esercizio provvisorio. Un dossier sui cui la leader di Fdi sta già lavorando, con l'obiettivo di mantenere una continuità con il governo guidato da Mario Draghi. «Giorgia è già con la testa sull'aggiornamento della Nadef e sulla legge di Bilancio», spiega il capogruppo al Senato Ciriani. Bisognerà «lavorare a quattro mani con il ministro dell'Economia Daniele Franco», aggiunge Guido Crosetto. Mentre il capogruppo alla Camera Lollobrigida ribadisce che lo scostamento di bilancio «è l'ultima istanza». Insomma, una linea sostanzialmente draghiana. Non a caso, pare che ieri i due - Draghi e Meloni - si siano sentiti. E chissà che la premier in pectore non abbia chiesto all'ex banchiere di aiutarla a convincere Fabio Panetta a prendere il posto di Franco al Mef. La sua presenza, è evidente, garantirebbe l'Italia rispetto a Bruxelles e ai mercati. Anche se su questo scenario pesa il rischio che, lasciando il board della Bce, il posto di Panetta non venga poi assegnato ad un altro italiano. Quel che è certo, comunque, è che la nomina del prossimo ministro dell'Economia andrà condivisa con il Quirinale e sarà ad appannaggio di un tecnico. Gli altri dicasteri sotto osservazione sono ovviamente Esteri e Interno. E sul secondo ci sarà da capire quali saranno i desiderata della Lega. Meloni, infatti, esclude che il Viminale possa andare a Salvini, una scelta che non solo non convincerebbe il Colle ma aprirebbe un fronte con le diplomazie europee e non solo. Detto questo, la leader di Fdi sa bene che per ben cominciare è necessario un approccio unitario e accogliente verso gli alleati. Non a caso, nonostante la profonda distanza umana e personale, domenica notte ha voluto ringraziare Salvini riconoscendogli che la vittoria è anche merito suo. D'altra parte, il leader della Lega ha già il problema di essere uscito malamente sconfitto dalla tornata elettorale e mortificarlo sarebbe solo controproducente.
Che l'obiettivo della Meloni sia quello di procedere a tambur battente pare sia cosa nota anche al Colle. Non a caso, al Quirinale ragionano su un calendario stretto, ipotizzando che in due-tre giorni dalla prima seduta della Camera - già convocata per il 13 ottobre - si possa arrivare alla nomina dei presidenti dei due rami del Parlamento. Così fosse, già all'inizio della settimana successiva Sergio Mattarella potrebbe tenere le consultazioni.
Rapidamente, anche perché il centrodestra (Fdi-Lega-Fi-Noi moderati) dovrebbe presentarsi al Colle con un'unica delegazione. A quel punto, l'incarico a Meloni di formare il governo potrebbe arrivare già tra il 20 e il 21 ottobre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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