Mentre Giorgia Meloni passa l'intera giornata in Senato e porta a casa la seconda fiducia che, tecnicamente, legittima a pieno titolo il suo governo, è nel Mediterraneo che si focalizza l'attenzione di Ue e Nato. Non era un caso, infatti, che solo 48 ore fa Jens Stoltenberg, segretario generale dell'Alleanza Atlantica, fosse in acque italiane, a largo di Bari, sulla portaerei nucleare americana Uss George H. W. Bush. Nella temuta escalation in corso tra Ucraina e Russia - con Mosca che ha messo in campo un'esercitazione che ha simulato un «massiccio attacco nucleare» in risposta ad un simile «attacco nemico» (così il ministro della Difesa russo Sergej ojgu) - sono proprio le acque tra Adriatico e Ionio quelle più attenzionate. Quella che il Cremlino definisce una semplice «esercitazione» si è tenuta nel Mar Glaciale Artico a nord di Norvegia e Russia, ma sono mesi che è proprio davanti alla costa pugliese che si incrociano portaerei nucleari prima russe e poi americane, tutte impegnate in «esercitazioni tattiche». Tra luglio e agosto, infatti, ci sono state diverse settimane ad alta tensione, con il Canale d'Otranto e lo Ionio a largo di Leuca che sono diventati teatro di imponenti manovre militari. E nell'area non c'erano solo cacciatorpedinieri, incrociatori e navi spia di Mosca, ma anche portaerei americane (con oltre cinquanta cacciabombardieri) e unità Nato spagnole, italiane, turche e greche (lo Standing Maritime Group Two). Insomma, un vero e proprio teatro di guerra. Che nelle ultime ore è motivo di una certa apprensione. Non è un caso che Meloni e Stoltenberg siano intenzionati a mettere in agenda un faccia a faccia in tempi brevissimi, a Roma oppure a Bruxelles, visto che il premier italiano (forse già la prossima settimana) vorrebbe avere un primo incontro con i vertici europei (i presidenti di Commissione e Consiglio Ue, Ursula von der Leyen e Charles Michel, e la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola).
È in questo clima che ieri - mentre il premier incassava la fiducia di Palazzo Madama - c'è stato il primo braccio di ferro tra Roma e Mosca da quando si è insediato il nuovo governo. L'Italia ha infatti deciso di estromettere la Russia dalla prima seduta dell'Iniziativa sulla lotta alla proliferazione di armi di distruzione di massa (Psi) che si è tenuta ieri a Roma. Una decisione che conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, una decisa continuità di Meloni con l'esecutivo di Mario Draghi per quanto riguarda la collocazione geopolitica e filo Atlantica dell'Italia, schierata decisamente a sostegno delle ragioni di Kiev. Il Cremlino, ovviamente, non ha gradito. Tanto che il portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha puntato il dito contro il governo italiano, definendo quella di Roma non solo «una mossa ostile» ma «un altro attacco provocatorio alla Russia». La risposta dell'esecutivo guidato da Meloni non si è fatta attendere. Ed è stata non solo netta, ma - stando al formalismo felpato della diplomazia - durissima. «La decisione di non coinvolgere esperti russi nella sessione in corso a Roma del gruppo di operativo della Psi (Proliferation security initiative) - recita una nota della Farnesina - è stata assunta d'intesa con i principali Paesi partecipanti all'iniziativa». E, aggiunge il ministro degli Esteri Antonio Tajani, «è motivata non soltanto dalla brutale aggressione russa dell'Ucraina», ma anche «da un atteggiamento sempre meno cooperativo di Mosca nei principali fori di Disarmo». Ed è evidente che il termine «brutale» non è casuale.
Il primo vero dossier di Meloni, dunque, sarà di politica estera, strettamente legato al conflitto tra Ucraina e Russia. Un fronte su cui il premier non ha esitazioni, tanto che entro fine novembre - sempre in continuità con Draghi - il ministro della Difesa Guido Crosetto dovrebbe dare il via libera ad un altro decreto interministeriale per l'invio di armi a Kiev.
Uno scenario, quello internazionale, che si va dunque complicando.
Tanto che nel colloquio telefonico di martedì sera, Joe Biden e Meloni hanno concordato di vedersi a margine del G20 in programma a Bali il 15 e 16 novembre. Non è ancora stato deciso se sarà nella formula del bilaterale o del più informale pull aside. Di certo, però avranno un primo contatto diretto.
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