Meloni tira il freno: per i magistrati sì pagelle e no test. La doppia linea Fdi

Politicamente parlando, una giornata per nulla lineare. Nella quale diventa difficile capire fino in fondo se Palazzo Chigi e Fratelli d'Italia stiano davvero tirando il freno a mano

Meloni tira il freno: per i magistrati sì pagelle e no test. La doppia linea Fdi
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Politicamente parlando, una giornata per nulla lineare. Nella quale diventa difficile capire fino in fondo se Palazzo Chigi e Fratelli d'Italia stiano davvero tirando il freno a mano sull'affondo contro la magistratura del ministro Guido Crosetto o se, invece, abbiano deciso di giocare sul filo di un equilibrio che anche il più esperto dei funamboli farebbe fatica a reggere. Ventiquattro ore in cui gli stessi big di Fdi sono assestati su posizioni non convergenti e durante le quali la cautela veicolata di prima mattina a deputati e senatori attraverso «Ore 11», il mattinale che ogni giorno dà la linea ai parlamentari di via della Scrofa, sbatte con un pre-consiglio dei ministri in cui il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, propone «norme più stringenti per il reclutamento dei magistrati». Già, perché a metà pomeriggio il Consiglio dei ministri ha in agenda l'esame di due decreti legislativi relativi alla legge Cartabia, uno dei quali introduce una valutazione delle toghe basata su produttività, presenza in ufficio e tempi di smaltimento del lavoro. Insomma, una sorta di pagella che gestirà il Csm. Mantovano, però, butta lì l'ipotesi che si possa anche introdurre un test psico-attitudinale per l'ingresso in magistratura. Di fatto, niente di clamoroso, perché si tratterebbe della stessa valutazione attualmente prevista per accedere alle forze di polizia o alle forze armate ed è davvero difficile sostenere che quello del magistrato non sia un impegno altrettanto delicato. Però è evidente che, arrivando dopo 48 ore di tensioni seguite alle parole di Crosetto, politicamente non potrebbe essere che letta come una misura punitiva. Ed è anche questa la ragione per cui in pre-consiglio dei ministri il capo del legislativo di via Arenula, Antonio Mura, avrebbe sollevato forti dubbi. Non tanto nel merito, quanto perché non si può introdurre una misura di questa portata (su cui il ministero della Difesa era invece favorevole) senza prima «condividerla ai tavoli istituzionali» (cioè Anm ma pure Csm e, quindi, Quirinale). Così, alla fine, senza scontri e in un clima che uno dei presenti definisce «garbato» e «signorile», si decide di soprassedere sul test. Via libera, invece, alle pagelle. Che saranno comunque di competenza del Csm, l'organo di autogoverno della magistratura.

Una giornata, insomma, all'insegna di uno strano saliscendi. Con Crosetto che da New York posta sui social due diverse correzioni di rotta. La prima per dire che le sue parole sulla magistratura erano solo «una risposta al fondo di un'intervista» al Corriere «su tutt'altro», semplicemente «una preoccupazione» e «non un attacco». La seconda per spiegare di essere pronto a «incontrare il presidente dell'Anm», Giuseppe Santalucia, per «chiarire». Nel frattempo, il Pd chiede che Crosetto riferisca in commissione Antimafia (le cui sedute, come per il Copasir, sono secretate), anche se - fanno presente molti dall'opposizione - la «via maestra» resta l'informativa in Aula.

Sul doppio fronte Palazzo Chigi e Fdi, getta acqua sul fuoco Giovanni Donzelli, che - intercettato a Montecitorio - ribadisce la «grande fiducia» di Giorgia Meloni nei magistrati, «come dimostra la recente visita alla Dda». Si chiama fuori, invece, Carlo Nordio.

«Su Crosetto una mia idea me la sono fatta, ma la tengo per me», dice il Guardasiglli lasciando la Camera. Meno ecumenico, invece, Tommaso Foti. «Crosetto - spiega in Transatlantico il capogruppo di Fdi alla Camera - è persona scrupolosa. La sua non è una boutade, penso si riferisse a qualcosa di nuovo e circostanziato».

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