"Un vero leader", "Operazione di marketing politico". Donne divise sulla Meloni

L'ingresso di Giorgia Meloni, primo premier donna d'Italia, a Palazzo Chigi continua a dividere. Ecco le opinioni di Claudia Fusani e Hoara Borselli

"Un vero leader", "Operazione di marketing politico". Donne divise sulla Meloni

Il varo del governo Meloni, il primo presieduto da un presidente del Consiglio donna, fa discutere e divide soprattutto l'emisfero femminile. Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo interpellato le giornaliste Claudia Fusani e Hoara Borselli.

Che effetto le ha fatto vedere una donna (di destra) salire a Palazzo Chigi?

Borselli: “Ho pensato questo. Ecco la risposta concreta a tutte quelle sterili battaglie ideologiche portate sempre avanti dalla sinistra sulle quote e sulle vocali al femminile. A destra non se ne è mai parlato perché non interessano i generi ma le persone con le loro competenze. Oggi al potere c’è una donna, di destra che si fa chiamare Il Presidente. Che soddisfazione!”

Fusani: “Divido in due la risposta. Soddisfazione, molta, per la donna che diventa premier. Non tanto per le immagini, seppure potenti ed evocative, del cerimoniale, della padronanza e autorevolezza con cui ha ‘marciato’ nel cortile d’onore prima del Quirinale e poi di Palazzo Chigi, con cui ha giurato e presieduto accanto al presidente Mattarella alla cerimonia del giuramento. Meloni è sembrata perfettamente a suo agio. Quello che conta e fa la differenza nella storia del nostro Paese è il modo con cui è arrivata fin lì: da sola, senza scorciatoie, nonostante tutto. E nel “tutto” ci metto veramente tutto: le lotte interne, le invidie, le difficoltà del momento, il sangue freddo necessario, il coraggio nel voler affrontare il contesto. Veniamo alla collocazione politica, la destra. Credo che solo da destra, notoriamente sessista e machista ma anche affamata di potere e di rivalsa, potesse venire fuori una leader donna. Una sorta di mossa disperata - o la va o la spacca - e al tempo stesso geniale per spezzare le catene di un passato, quello della destra, che non passa perché non è mai stato affrontato ed analizzato come si deve. Soprattutto dalla destra. Senza offesa per nessuno, Meloni è un esperimento di marketing politico andato a buon fine. Lei, da parte sua, ha capito, lo ha sfruttato ed è andata a prendersi quello che merita facendosi valere proprio nell’ultimo miglio. Com’è noto, il più difficile”.

Come giudica le prime mosse della Meloni?

Borselli: “Giorgia Meloni fin da subito ha dimostrato di essere entrata perfettamente nel suo ruolo da Leader . Piglio fermo, deciso, poche parole. Trasmette quella sicurezza tipica di chi ha le idee molto chiare. Si percepisce la sua voglia di guidare al meglio questa Nazione con determinazione”.

Fusani: “Come ho scritto in alcuni miei articoli, dal 25 settembre non ha sbagliato una mossa. È stata brava, misurata, intelligente, cinica. Ha spiazzato i suoi alleati che credevano di poter disinnescare l’esperimento di marketing nell’ultimo meglio. Ora però, lasciamo perdere le questioni di genere alla lunga anche un po’ stucchevoli, e vediamo come gestisce i dossier, tutti, economici e relativi ai diritti. E’ qui la vera partita. Delle due l’una: o fa quello che ha promesso e porta il Paese sbattere. Oppure non fa quello che ha detto e assume una leadership responsabile, quasi tecnica, che sarà molto difficile giudicare di destra o sinistra”.

Le piace la composizione del suo governo?

Borselli: “Mi piace moltissimo. Un governo a trazione politica finalmente. Si respira competenza ed è chiara l’impronta di destra che mancava da tempo. Mi sarebbe piaciuto vedere il ministero della cultura suddiviso con quello dei beni culturali presieduto da Vittorio Sgarbi. Una mia debolezza ma quando si parla di arte credo che nessuno come lui. Sgarbi e San Giuliano il mio tandem perfetto”.

Fusani: “In parte. Diciamo che la carica innovatrice è molto scarsa. C’è una parte di notabili della politica - mi riferisco a Crosetto, Urso, Giorgetti, Fitto, Bernini, Tajani, Pichetto Fratin - persone per bene, capaci, che si fa quasi fatica a targare come destra. Poi ci sono le nomine-bandiera da dare in pasto ai nazionalisti e ai sovranisti. Quelli che impazziscono per la Meloni sul palco di Vox che urla ‘sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma e sono cristiana’. Mi riferisco al ministero della Famiglia (con un babbo e una mamma, ovviamente, addio alle coppie di fatto e omosessuali) , a quello del Mare per illudere che da qui possa essere alzato il famoso muro del mare che dovrà fermare le migrazioni, a quello della Sovranità alimentare e del Turismo. Ciò detto, w il Grana padano e l’olio d’oliva dop, w i terreni coltivati e l’agricoltura, una fetta importante del nostro Pil”.

Cosa pensa della polemica linguista attorno alla scelta della Meloni di farsi chiamare “il presidente”?

Borselli: “Una polemica frutto di quella deriva politicamente corretta che è a mio avviso dannosa ed insopportabile. Concordo in pieno con la scelta di Giorgia Meloni nel rivendicare questa volontà. La battaglia portata avanti dalle femministe sulle vocali è la perfetta mortificazione della donna. E la Meloni ha dato un forte schiaffo a questa ipocrisia. Invece di polemizzare sulla sua scelta linguistica festeggiate donne. Non era ciò che chiedevate da sempre? Una donna al potere. Oggi c’è”.

Fusani: “Ridicola, so di essere politically uncorrect ma ho sempre fatto fatica a credere nell’importanza della declinazione al femminile. Sento bambine italiane di 10-12 anni che osservano rapite Giorgia Meloni. Dicono: “E’ il presidente, è la più importante”. Passano cioè dal maschile al femminile con straordinaria facilità. Non è un problema. Lo hanno già risolto. Sono oltre. È molto più importante mantenere il tratto femminile, i capelli curati, il sorriso, il vezzo delle scarpe e della catenina al telefonino, che non farsi chiamare La Presidente. Esiste comunque una via di mezzo: Signora Presidente. Troppo lungo?”.

Perché finora le donne di sinistra non hanno raggiunto reali posizioni di potere?

Borselli: “Perché si sono concentrate di più sull’ideologia che sulla concretezza. Troppo concentrate a festeggiare per una tampon-tax o per il cognome della donna prima di quello dell’uomo, senza accorgersi che nel frattempo c’era una donna che, senza perdersi in queste banalità, stava scalando la vetta”.

Fusani: “Perché è necessario toccare il fondo prima di risalire con la forza della disperazione e un vero colpo di reni. La destra doveva risorgere e prova a farlo con una donna.

La sinistra, il centrosinistra, è ancora convinto di bastarsi così com’è. Ciò detto, a parte rare eccezioni come Anna Finocchiaro e Emma Bonino, non ricordo donne a sinistra con il dna e la tigna del leader. Ops, ho usato ancora una volta il maschile… Perdonata?”

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