Pieve di Cento (Fe) «Allevo pesci rossi». Valeria Giberti ha 54 anni, è di Pieve di Cento, 6mila abitanti, tra Bologna e Ferrara. Lo racconta a cena con gli amici, siamo accanto per caso. «Non è una seconda attività, è proprio l'unica».
I pesci rossi sono un'eterna passione degli italiani.
«A coltivarli siamo solo in 3-4, tutti concentrati nella zona. Li alleviamo in terra, negli stagni e nei maceri: sull'acqua ferma mettiamo le semine e da lì i pesci nascono naturalmente».
Come ha iniziato?
«Era stato mio nonno Otello, già 80-90 anni fa. È un lavoro di famiglia, io sono la terza generazione».
Anche i genitori facevano solo questo?
«Sì, mamma Maria e papà Antonio, pure scomparsi. Mio figlio Riccardo invece non proseguirà di sicuro, è anche venuto ad aiutarmi, talvolta, ma ha altri interessi. Alla fine venderò o la chiuderò».
Lei quando cominciò?
«A 16 anni, d'estate, davo una mano, al termine della scuola. Erano altri tempi, era normale aiutare in casa. Ho fatto anche l'università, ma alla morte della mamma è stato naturale proseguire».
Perché la terra centese è speciale, per i pesciolini?
«La nostra zona era di canapa, veniva lavorata e una volta facevano i filati, nel secolo scorso producevano le lenzuola di canapa. Qui c'erano già gli stagni naturali dove proliferavano i pesci rossi, mio nonno ebbe l'idea di commercializzarli».
Quanto fattura la Cof, ovvero Campanini Otello e figli?
«È un'azienda agricola piccola, escono due buoni stipendi, per me e per l'unico dipendente, Dino, qui da 27 anni. Mettiamo in circolazione un milione e mezzo di pesci rossi l'anno, dipende anche dalle stagioni: da quanto si produce e da quanto si vende. E' un po' come la frutta, capitano anni in cui ne hai troppa e la devi svendere, altri in cui se ne ha poca e magari mantieni lo stesso prezzo, perché non necessariamente la pagano di più».
Quanto costano i pesci rossi?
«Fra i 12 e i 50 centesimi, i più belli possono arrivare a 4-5 euro. Si lavora sulla quantità. Noi stessi avvertiamo la crisi, se ne comprano di meno».
Valeria, cos'ha scritto sulla carta di identità?
«Coltivatrice diretta, sono proprio una contadina. Qua in campagna si vive bene, abito non lontano dall'azienda».
Com'è evoluta questa professione così affascinante, in questi decenni?
«È rimasta uguale. Semina e pesca sono analoghe, resta un lavoro manuale. C'è una pompa che prosciuga lo stagno e si pescano i pesci rossi: lo si svuota e salgono. C'è giusto la fatturazione elettronica, di diverso, adesso».
La stagione più propizia?
«D'inverno si semina, con il freddo si lasciano tranquilli gli stagni, a primavera comincia la raccolta, sino a ottobre».
Gli appassionati vengono da voi a scegliere i pesci preferiti?
«No, arrivano dai negozi di animali e di acquariologia, che hanno solo pesci. Qualche ambulante che li vende alle fiere».
Qual è la soddisfazione per il produttore?
«Che i pesci stiano bene e siano belli. Qualcuno è nero, macchiato o biancorosso. I rossi restano i più amati, catturano soprattutto i bambini, ma anche i grandi».
A casa quanti ne ha?
«Nessuno. Ne ho abbastanza al lavoro (sorride)».
Quanto vive un pesce rosso?
«Anche 10 anni. Possono anche morire in due giorni, dipende da come sono tenuti, si alimentano con i mangimi in commercio».
La passione è immortale?
«Dietro cani e gatti, ci sono anche i pesci rossi. Magari non ai primissimi posti, fra gli animali più gettonati, ma resistono».
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