La rivolta delle partite Iva: "Pochi ristori, ora riapriamo"

Anche i sostegni previsti restano solo sulla carta. Così le attività sono costrette a chiudere i battenti

La rivolta delle partite Iva: "Pochi ristori, ora riapriamo"

Tante le promesse, pochi ancora i fatti. Per le Partite iva è stato un anno terribile. Sono migliaia i lavoratori autonomi che hanno dovuto cessare l’attività, causa crisi economica innescata dal Covid-19 . Ma anche perché sono arrivati al momento della pandemia con una crisi pesante sulle spalle: da decenni si trovano in affanno. Così i ristori e i bonus del governo Conte 2 sono stati insufficienti. Per questo ora arriva una richiesta di accelerazione da parte dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. “È stato fatto poco o niente finora”, dice a IlGiornale.it il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. Il numero uno dell’organizzazione aggiunge: “C’è tanto da fare per consentire una effettiva ripartenza. Faccio un esempio. Abbiamo firmato il protocollo per fare i vaccini nella aziende, ma bisogna stabilire con certezza quando è possibile iniziare le vaccinazioni dei lavoratori. Chiediamo, insomma, regole chiare per consentire il rispetto dell'accordo sottoscritto”.

Migliaia di Partite iva chiuse per Covid

Ma qual è l’entità del problema? Secondo un recente rapporto diffuso da Confprofessioni, nel 2020 hanno chiuso i battenti almeno 30mila attività nel macro-settore comprendente commercio, finanza e immobiliare. Altri 15mila dell’area tecnica hanno dovuto arrendersi di fronte alla difficoltà. In totale quasi 50mila, nonostante i (pochi) ristori. Certo, a bilanciare parzialmente le chiusure delle Partite iva, c’è il comparto delle attività scientifiche, che in tempi di pandemia ha addirittura visto una crescita del 9%. Ma non è sufficiente, perché un dato resta scolpito: dal 2018 al 2020 sono andati in fumo in totale 20mila attività professionali, considerando sia professionisti che lavoratori freelance.

Il motivo è evidente: nel corso della prima ondata, il 50% dei lavoratori autonomi è rimasto totalmente fermo. Basti pensare a chi lavora come interprete, al mondo della fieristica e più in generale nel turismo. A maggio dello scorso anno, per le misure previste dal Conte 2, sono state accolte quasi quattro milioni di richieste di sussidi presentate dai possibili beneficiari. E in alcuni casi ci sono delle “beffe di settore”: su 430mila richieste inoltrate all’Inps dagli stagionali e lavoratori del turismo ne sono state accolte 177mila, il 42% del totale. Quasi il 60% è rimasto a bocca asciutta e tasche vuote.

Sul punto c’è sul tavolo un’analisi essenziale: “Bisogna ricordare, che non tutte le Partite iva sono nella stessa condizione. Alcune, per via di riferimenti sbagliati ai codici Ateco, sono state escluse dai ristori e per tutto il 2020 hanno potuto usufruire solo dei bonus di marzo, aprile e maggio, nel migliore dei casi quindi di 2.200 euro”, afferma la presidente del Coordinamento libere associazioni professionali (Colap), Emiliana Alessandrucci. “Bisogna pensare - aggiunge la numero uno del Colap - a un trattamento diverso verso chi ha già ricevuto ristori pubblici e chi invece ne è stato privato. Per questi ultimi, mantenendo gli stessi criteri di calcolo, proponiamo di raddoppiare l’importo che riceveranno”.

Ovviamente il contesto ha generato un rallentamento delle aperture di nuove Partite iva. “Nel corso del 2020 sono state aperte circa 464.700 nuove partite Iva ed in confronto all’anno precedente si è registrata una consistente diminuzione (-14,8%), effetto dell’emergenza sanitaria in corso”, ha riferito il Ministero dell’economia e delle finanze. Il motivo della flessione è anche spiegabile nella scarsa incentivazione: Il reddito medio annuo per un freelance, infatti, è fermo a 15mila euro. Significa che al mese la cifra è inferiore addirittura ai 1.500 euro.

Aiuti solo sulla carta

Ci sono casi al limite della discriminazione. La deputata del Movimento 5 Stelle, Azzurra Cancelleri, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Economia, Daniele Franco, sul fondo di solidarietà per i mutui e l’acquisto di prima casa. Dal 2007 è stato istituto il Fondo di solidarietà, il «fondo Gasparrini», che prevede la possibilità, per i titolari di un mutuo fino a 250.000 euro, contratto per l'acquisto della prima casa, di beneficiare della sospensione per 18 mesi del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà. “In occasione dell'emergenza sanitaria per l'epidemia di Coronavirus il Fondo è stato rifinanziato con 400 milioni di euro” ed è stata estesa “la platea dei potenziali beneficiari, fino al 17 dicembre 2020, anche ai lavoratori autonomi, ai liberi professionisti e agli imprenditori individuali”, sottolinea la parlamentare. La misura è stata prorogata al 31 dicembre, ma con sorpresa: l’esclusione dei lavoratori autonomi.

Del resto anche le misure già previste stentato ad andare a regime. È il caso del cosiddetto anno bianco fiscale, l’esonero contributivo introdotto dall’ultima Legge di Bilancio per che ha percepito nel un reddito complessivo non superiore a 50mila euro. E, allo stesso tempo, ha subito un calo del fatturato pari almeno al 33% nel 2020. Un intervento tampone per cui sono stati stanziati 2 miliardi e mezzo di euro dal decreto Sostegni (che ha incrementato il fondo iniziale di un miliardo della Manovra). Ebbene, il provvedimento resta tuttora fermo: manca il decreto attuativo del Ministero del Lavoro. Il deputato del Movimento 5 Stelle, Alessandro Amitrano, ha chiesto delucidazioni, con un’interrogazione parlamentare, al ministro Andrea Orlando. La risposta è stata vaga: il testo è in via di definizione.

Senza ripartenza arriva il peggio

Un quadro complicato, in cui il peggio potrebbe ancora venire: gli esperti avvertono che in molti hanno resistito nell’auspicio di una ripartenza a inizio 2021. Una speranza frustrata, al momento. Stella mette sul tavolo le proposte di Confprofessioni: “Serve un intervento di esenzioni previdenziali, bisogna stanziare una cifra precisa per garantire l’esonero a differenza di come è stato fatto. Occorre, poi, pensare a un vero spostamento delle scadenze fiscali. Quello previsto è largamente insufficiente”. Infine Stella lancia lo sguardo in avanti: “Serve un incentivo per chi vuole investire. È indispensabile offrire i mezzi per favorire la ripartenza attraverso il credito”.

E la ripartenza è fondamentale: “Non si può posticipare la riapertura aspettando che l’80% della popolazione sia vaccinata”, incalza Alessandrucci. Il Colap lancia quindi la proposta: “Consentire l’ingresso a coloro che esibiscono un tampone negativo realizzato nelle 24 ore precedenti all’evento, al congresso o alla cena al ristorante permetterebbe a molte attività di poter riaprire da subito. Uniformare il sistema dei tamponi e dei sierologici a livello nazionale eliminando queste inspiegabili differenze regionali.

Rendere sostenibili i prezzi dei tamponi che non devono costare più di 5 euro”. Perché altrimenti il pericolo è che la chiusura delle Partite iva diventi ingestibili in questo 2021, in cui molti ambivano a ripartire dopo la resistenza del 2020.

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