Miracolo Schlein, il Pd cresce. Ma sfuma la guida del Pse

"Sta andando bene", conferma la segretaria a tarda notte. Da Israele a Kiev fino ai 5 stelle: tutti i nodi dopo la campagna

Miracolo Schlein, il Pd cresce. Ma sfuma la guida del Pse
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«Sta andando benone, dai: ricordate che quando sono arrivata io ci davano per morti?»: a tarda sera, quando dopo un'altalena confusa di exit poll l'asticella del suo Pd si assesta al 24.5%. Elly Schlein tira un sospiro di sollievo con i suoi, riuniti al Nazareno in attesa dell'esito elettorale.

La soglia psicologica della debacle era fissata sotto al 20%, quella dell'affermazione positiva al 23%, la percentuale ottenuta nel 2019 con la segreteria Zingaretti. Ogni punto in più verrà esaltato come trionfo della linea della segretaria. «La polarizzazione tra Elly e Giorgia Meloni ha funzionato», chiosano i sostenitori della leader. Il duello tv diretto alla fine non c'è stato, certo. Ma la premier, scegliendo la segretaria Pd come antagonista preferenziale per tutta la campagna elettorale, la ha indubbiamente aiutata ad affermare la propria leadership. «Dovrebbe fare un monumento a Giorgia», borbottano dalla minoranza interna.

Secondo le prime stime gli eurodeputati targati dem potrebbero essere 18, uno in meno del pacchetto di mischia con cui era iniziata la legislatura ormai conclusa. Poi il Pd aveva perso vari pezzi per strada, da Carlo Calenda a Massimiliano Smeriglio, precipitando a 15 membri. Sembra però sfumato il sogno di diventare il primo raggruppamento all'interno di S&D, i socialisti europei, e di prenderne la guida a Strasburgo (posto cui aspirava l'ex segretario Nicola Zingaretti, che a seconda delle preferenze se la vedrà ora con Stefano Bonaccini per la guida della delegazione Pd): i socialisti spagnoli di Sanchez sono ancora in testa, e la presidenza del gruppo toccherà probabilmente di nuovo a loro.

Da Firenze arrivano notizie preoccupanti: la candidata dem va al ballottaggio. Bene Bari e Cagliari, male il Piemonte. Elly Schlein, che ha votato sabato a Bologna insieme alla fidanzata Paola Belloni, è partita ieri pomeriggio per Roma. Ma al Nazareno, già presidiato da molti dirigenti (Provenzano, Bonafè, Braga, Sereni, Orfini) è arrivata solo a urne chiuse. L'atmosfera è festosa: «Abbiamo vinto la nostra scommessa e invertito la rotta», dice Schlein, che arriva al partito con chitarra per il promesso duetto con il sindaco Gualtieri.

La fosca previsione dell'ex segretario Zingaretti («Con questa finiamo al 17%», aveva detto) appare nettamente smentita. Ma le ragioni di inquietudine non mancano: al di là della buona tenuta del Pd, c'è da considerare l'esito complessivo italiano, per non parlare di quello Ue. E qui le ragioni di ottimismo del Nazareno calano nettamente: le prime forbici, pur vaghe e oscillanti, sembrano dire che il centrodestra mantiene e anzi rafforza il primato rispetto alle politiche del 2022, quando la coalizione meloniana aveva il 44%. E che la premier non vive nessuna crisi da governo, anzi si rinsalda. Mentre il vagheggiato «campo largo» è nelle sabbie mobili. I rossoverdi vanno molto bene, e c'è già chi dal Pd invoca la «federazione» immediata. I centristi sono in bilico sul quorum, ma il M5s incassa un duro colpo e precipita verso il 10%. Le ripercussioni sull'alleanza possono essere pesanti: un Pd trascinato verso la sinistra «pacifista», e un M5s che potrebbe reagire alla batosta in maniera imprevedibile. «L'avanzata delle forze anti-sistema, sovraniste e filo-russe in Europa può spingere un Conte umiliato a radicalizzarsi e a inseguire di nuovo l'asse giallo-verde con la Lega, nel nome di Trump e di Putin», ragiona un dirigente Pd. Rendendo sempre più ardua una coalizione di centrosinistra.

Ora inizieranno anche le trattative per la nuova guida della Ue, con l'incognita del coinvolgimento di parte delle destre di governo: per il Pd il rischio di ritrovarsi nella stessa maggioranza con Giorgia Meloni, insieme a Ppe, Pse e Renew, è uno scenario allarmante.

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