Mosca adesso taglia il gas. "Stop a Polonia e Bulgaria". Balzo dei prezzi in Europa

Gazprom: "Pagate in rubli". Forniture ferme da oggi. Rialzo del metano: +10%. Gli Usa: aiuti agli alleati

Mosca adesso taglia il gas. "Stop a Polonia e Bulgaria". Balzo dei prezzi in Europa

C'è la guerra sul campo e c'è la battaglia del gas, ripresa ieri tra il nervosismo dei mercati. La Polonia ha annunciato che la Russia ha sospeso le forniture attraverso il gasdotto Yamal, che arrivando dalla Bielorussia attraversa il Paese fino ad arrivare in Germania. Stessa sorte per la Bulgaria: Sofia ha annunciato che da oggi Gazprom sospenderà le forniture a Bulgargaz. Gazprom ha prima ribadito che da ieri Varsavia deve pagare in rubli, visto che il tempo di adeguarsi al nuovo regime di pagamenti era scaduto venerdì scorso, e poi, con una lettera al partner polacco, ha annunciato il completo stop dei rifornimenti. Lo scontro si inserisce in un rapporto tesissimo tra i due Paesi, che sul piano delle forniture sembra destinato ad esaurirsi. Il governo polacco aveva dichiarato che Varsavia non avrebbe più avuto bisogno del gas russo dopo il mese di ottobre. Sulla questione energetica, gli Stati Uniti hanno parlato di uno «sforzo continuo» da parte dell'amministrazione Biden «per aumentare forniture di gas naturale e alternative per quei Paesi che dipendono dalla Russia».

Al di là delle immediate conseguenze concrete a risentire del blocco è stato subito il prezzo del metano che sul listino di riferimento di Amsterdam segnava nel tardo pomeriggio un rialzo del 10% a 103 euro al megawattora. I principali gasdotti che uniscono Russia ed Europa occidentale sono quattro: North Stream 1, il cui percorso corre in gran parte sul fondo del Mar Baltico, unendo direttamente la Russia alla Germania; due tubazioni attraversano l'Ucraina e poi c'è, appunto, Yamal. Ogni perturbazione su un condotto rischia di ripercuotersi sugli altri. Anche tenendo conto che le forniture sembrano essersi ridotte rispetto ai tempi normali. «Per quanto riguarda l'Italia agli inizi di marzo viaggiavamo a ritmi di 70/80 milioni di metri cubi, oggi siamo scesi a 25/30», spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. «Un quantitativo più basso anche rispetto a quello dello stesso periodo dell'anno scorso».

Non ha pesato sulle quotazioni l'accordo raggiunto ieri tra Unione Europea, e il duo Spagna-Portogallo, autorizzati a imporre un tetto al prezzo del metano, fissato mediamente a 40 euro con un massimo di 50 al megawattora (metà di quello di mercato). L'intesa potrebbe essere preliminare al tentativo, molto più complesso, di fissare un «price cap» a livello europeo. La Penisola Iberica ha condizioni molto specifiche: consumi abbastanza limitati, grande presenza di fonti rinnovabili, e relativo isolamento dagli altri Paesi europei. I costi legati alla differenza tra il prezzo di approvvigionamento internazionale e il tetto di vendita saranno ridistribuiti aumentando proporzionalmente gli oneri sulle altre fonti energetiche.

Novità ci sono state ieri anche sul fronte del petrolio. In questo campo la notizia è la svolta tedesca. Non solo per quanto riguarda le forniture di armi all'Ucraina (è dell'altro giorno il via libera alla consegna diretta di 50 panzer Gepard) ma anche sull'approvvigionamento energetico dalla Russia.

Dopo aver trascinato i piedi per settimane il governo di Berlino, per bocca del ministro dell'Economia e del Clima Robert Habeck ha fatto sapere che la Germania potrebbe esser pronta «in pochi giorni» a fare a meno dei rifornimenti di petrolio da Mosca, raggiungendo un'autonomia che si riteneva possibile finora solo entro la fine dell'anno. La strada potrebbe essere dunque aperta per un blocco concertato dei Paesi europei al petrolio russo. E sul tema si è pronunciata ieri anche la ministra degli esteri britannica Liz Truss: «è assolutamente cruciale tagliare i finanziamenti garantiti alla Russia dagli idrocarburi. Noi metteremo fine a ogni importazione di carbone, petrolio e gas entro la fine del 2022. Vogliamo vedere il calendario degli altri nella stessa direzione».

Secondo il sito conservatore Newsmax a frenare sarebbero invece Joe Biden e la sua amministrazione: un stop al petrolio russo costringerebbe gli europei ad acquisti su altri mercati con relativo aumento dei prezzi. Ma un balzo dei costi avrebbe effetti negativi sull'opinione pubblica Usa pregiudicando la possibilità di mantenere il Senato in mani democratiche nelle prossime elezioni di medio termine.

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