Mosca e il ricatto del gas. Ogni giorno una mossa per piegare la vicina Europa

Centellinate le forniture ad Austria, Repubblica Ceca, Germania e Italia. Ipotesi razionamenti ma l’indipendenza si avvicina

Mosca e il ricatto del gas. Ogni giorno una mossa per piegare la vicina Europa

Nei modelli canonici di guerra ibrida tutto diventa arma: disinformazione, indebolimento della politica, scardinamento dell'economia. Per la Russia lo strumento d'offesa economica per eccellenza è il gas, e gli uomini del Cremlino non si fanno scrupoli nell'usarlo. Anche ieri hanno centellinato le forniture all'Europa: Austria e Repubblica ceca hanno denunciato riduzioni di rilievo, in Germania Gazprom ha annunciato un calo di un altro 60%: in tre giorni il volume giornaliero trasferito attraverso il gasdotto North Stream è passato dai normali 167 a 67 milioni di metri cubi. In Italia, secondo i calcoli di Eni, la richiesta rivolta ai russi è stata soddisfatta solo per il 65% per un volume complessivo pari a 32 milioni di metri cubi.

Nessuno crede che la ragione dei cali sia davvero un problema tecnico nella stazione di compressione di Portovaya, che non avrebbe ricevuto, per colpa delle sanzioni, le turbine Siemens da tempo in riparazione in uno stabilimento canadese. «Per noi, come per la Germania, sono bugie», ha commentato Mario Draghi. «Da Mosca», ha proseguito il premier, «c'è un uso politico del gas e del grano».

In periodi di non eccessivo consumo come questo, le conseguenze visibili della strategia russa sono limitate. Il gas di Mosca viene sostituito con quello di altri fornitori e non c'è nessuna crisi immediata. Il mercato va però in fibrillazione e il prezzo si impenna. Ieri la quotazione ad Amsterdam si è attestata a 124 euro al megawattora (+3,3%), dopo un balzo in mattinata del 24% a 148,99 euro.

I russi, grazie ai prezzi più alti, guadagnano lo stesso, ma gli stoccaggi, l'immagazzinamento delle riserve per l'inverno (oggi al 52/53% contro un obiettivo del 90% da raggiungere entro l'inverno) si fa più difficile. «Le forniture sono diminuite e la Russia incassa come prima. È una strategia che va combattuta», dice Draghi. «Acquista più forza la richiesta dell'Italia di un tetto al prezzo».

L'interesse di Mosca è esattamente il contrario: usare l'arma del gas prima che l'Europa concluda la ricerca di fonti alternative o che raggiunga l'accordo per il cosiddetto price-cap, fortemente voluto dal premier italiano.

La battaglia è appena iniziata e l'esito finale è incerto, le economie occidentali potrebbero alla fine pagare un prezzo salato. C'è addirittura chi, come il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, propone di iniziare a pensare a qualche forma di razionamento. Anche se proprio ieri è arrivata un notizia che può suonare positiva: secondo i dati dell'Enea la dipendenza italiana dal gas russo si è ridotta nei primi cinque mesi di quest'anno. Oggi siamo al 24% contro il 40% dello stesso periodo del 2021.

Quanto a Gazprom, che ieri ha annunciato un aumento delle forniture alla Cina del 67%, il sito di giornalismo investigativo russo Proekt ha pubblicato sulla società un'inchiesta condotta in collaborazione con il team di ricercatori legati al dissidente Alexey Navalny.

Sono pagine e pagine di transazioni finanziarie che documentano come il colosso del settore russo sia stato negli anni sistematicamente spogliato da colonnelli dell'ex Kgb vicini a Vladimir Putin e Alexey Miller, il presidente, collaboratore di Putin sin dai tempi di San Pietroburgo. I fidati funzionari dei servizi sarebbero semplici prestanome usati per occultare le enormi ricchezze dei due vecchi amici.

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