«La Russia sta diventando un po' più forte grazie alle sanzioni». Ieri il presidente russo Vladimir Putin, intervenendo al Forum Euroasiatico, ha voluto spingere in prima persona la propaganda nazionalista, rassicurando i partner rimasti al suo fianco della solidità dell'economia. Non si è trattato di un intervento estemporaneo, ma di una sottolineatura della mossa a sorpresa della Banca nazionale russa che ieri ha abbassato il tasso di sconto dal 14 all'11 per cento. A tre mesi dall'invasione dell'Ucraina, è stato il secondo ribasso dopo la manovra anti-sanzioni che aveva portato il costo del denaro al 17 per cento.
«Le sanzioni si riflettono su tutti, nelle economie sviluppate non c'era un livello tale di inflazione da 40 anni, non è uno scherzo», ha aggiunto Putin. Effettivamente, l'affermazione non è falsa. La mossa della governatrice Nabiullina è stata dettata da una prospettiva di miglioramento dell'inflazione al 17,5% annuo a fronte di un cambio dollaro/rublo che aveva toccato i minimi degli ultimi a quota 55,6 (ieri la mossa sui tassi ha dato un po' di respiro alla moneta russa, rafforzatasi troppo, a quota 64,2). Anche se i previsori internazionali vedono un calo del Pil russo attorno al 10% quest'anno, finora consumi e produzione industriale stanno reggendo nonostante il crollo di import ed export. Il rafforzamento per certi versi inatteso del rublo pare aver attenuato, per ora, l'effetto perverso delle sanzioni. D'altronde, solo con il gas la Russia incassa un miliardo di euro al giorno a fronte di un costo quotidiano stimato della campagna ucraina di 600 milioni.
Tutt'altra musica per i Paesi industrializzati. L'Outlook di maggio dell'agenzia Moody's ha abbassato le previsioni di crescita e alzato quelle sull'inflazione per il 2022 e 2023 «a causa di vari fattori negativi». Per le nazioni del G7 il Pil dovrebbe aumentare solo del 2,6% a fronte del +3,2% previsto in precedenza. I continui shock dell'offerta alimentano l'inflazione ed erodono il potere d'acquisto dei consumatori, ha spiegato Moody's evidenziando tra i fattori negativi anche il passaggio a una politica monetaria più rigida a livello globale, accompagnata dalla volatilità dei mercati finanziari. L'agenzia ha tagliato le stime di crescita dell'Italia nel 2022 al +2,3%, dal +3,2% previsto a marzo, e quelle nel 2023 dal +2,1% al +1,7%. L'Eurozona, si legge nel nuovo Macro Global Outlook, crescerà nel 2022 del 2,3%, a fronte del 2,5% previsto due mesi fa, mentre nel 2023 è atteso un piccolo miglioramento (da +2,2 a +2,3%). In frenata anche gli Usa, da +3,7 al +2,8% nel 2022 e dal +2,5% al +2,3% nel 2023. Un trend confermato anche dal dato sul Pil del primo trimestre rivisto al ribasso a -1,5% dal preliminare -1,4%, a fronte del -1,3% atteso dagli analisti.
Ovviamente, Vladimir Putin ha necessità di spingere su questi argomenti propagandistici perché non è detto che il sistema produttivo occidentale si blocchi del tutto.
Ad esempio, proprio ieri l'Istat ha reso noto che il fatturato dell'industria è cresciuto a marzo al netto dei fattori stagionali del 21,4% annuo, toccando il massimo dall'inizio della serie storica di gennaio 2000. Al netto dell'inflazione l'aumento sull'anno sarebbe del 6,1 per cento. Un segnale che l'incremento dei prezzi potrebbe determinare ulteriori effetti negativi.
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