"Myanmar, forse 10mila morti". Ma la giunta bombarda i ribelli

Il sisma in Myanmar potrebbe aver fatto almeno 10mila vittime, gran parte delle quali ancora sotto le macerie di città sfarinate sotto le spallate del terremoto di magnitudo 7,7 che ha scosso il Paese alle 14,20 di venerdì

"Myanmar, forse 10mila morti". Ma la giunta bombarda i ribelli
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Il conto dei morti sale di ora in ora, ieri mattina era a 700, nel pomeriggio a 1.644. Ma sono cifre che fanno il solletico alla realtà, che si prepara a presentare un conto ben più pesante. Il sisma in Myanmar potrebbe aver fatto almeno 10mila vittime, gran parte delle quali ancora sotto le macerie di città sfarinate sotto le spallate del terremoto di magnitudo 7,7 che ha scosso il Paese alle 14,20 di venerdì, seguito una dozzina di minuti dopo da un'altra scossa più lieve ma che ha concluso l'opera di distruzione. La stima a cinque cifre arriva da alcuni funzionari americani citati dalla Cnn. L'Us Geological Survey (Usgs) calcola secondo i propri modelli una probabilità del 35 per cento che alla fine la conta dei morti si collochi tra i 10mila e i 100mila.

Il Paese più povero del Sud-Est asiatico è in ginocchio. Il costo finanziario del disastro potrebbe raggiungere decine di miliardi di dollari e probabilmente supererà l'intero Pil annuo del Myanmar. Un tributo pesantissimo al più grande terremoto che abbia colpito il Myanmar negli ultimi tre quarti di secolo e che tuttora fa tremare il Paese con una serie di scosse di assestamento, solo ieri almeno dieci superiori alla magnitudo 4.

Ma il Myanmar non ha tempo per avere paura. In tutto il Paese, in particolare nella zona di Mandalay, tra le più vicine alla faglia di Sagaing, che attraversa il paese da Nord a Sud, si scava senza sosta per trovare vivi e morti. Il conto dei dispersi è del tutto aleatorio. Il governo di Naypydaw, una giunta militare che calpesta quotidianamente i diritti umani, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale trovando il supporto della Cina, dell'India, della vicina Malaysia, della Russia, delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea. Anche Donald Trump ha promesso di aprire il borsellino, malgrado i violenti tagli della sua amministrazione all'agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid), che hanno già falcidiato i programmi di assistenza nel Paese. Servono medici, servono mani forti e competenti, servono medicine, serve cibo, serve acqua. Servono scavatrici, servono aerei, servono droni, sistemi satellitari, dispositivi di rilevamento di vita. Serve scongiurare l'emergenza sanitaria che potrebbe prolungare la tragedia in un Paese dove già prima di venerdì gli ospedali erano pochi e male organizzati, carenti di tutto. Serve rimettere in piedi al più presto le infrastrutture ferite: sette ponti crollati, trenta strade cancellate, quasi 3mila edifici crollati o gravemente danneggiati, gli aeroporti di Naypyidaw e Mandalay chiusi perché ridotti in macerie.

Mentre cerca di commuovere il mondo, mentre pietisce aiuti, mentre buona part della popolazione è sottoposta a tagli drastici delle forniture elettriche e telefoniche, il regime guidato da Min Aung Hlaing non smette di condurre attacchi aerei contro i ribelli attivi in diverse regioni del Paese.

Secondo la People's Defense Force - la milizia che si batte contro la giunta - il villaggio di Nwe Khway, nel distretto di Chaung U a Sagaing, regione epicentro del sisma, è stato bombardato due volte nelle ultime ore e raid aerei sono stati condotti anche a Ley Wah, nello stato di Kayin, vicino al quartier generale degli indipendentisti dell'Unione Nazionale Karen e a Pyu, nella regione di Bago. In serata i ribelli hanno annunciato un parziale cessate il fuoco unilaterale. Chissà se il governo farà altrettanto.

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