È la giornata dei doganieri. Ci sono posti dove si va per amicizia, per sgranocchiare qualcosa e per chiacchierare un po' del tempo e del domani. Se poi incroci la persona giusta si finisce magari a parlare di elezioni, del futuro del governo, di quanto si fa fatica a far capire ai Cinque Stelle l'arte della pazienza e di questo Zingaretti che ormai è preoccupato pure della sua ombra. È quello che è capitato a Beppe Grillo e Goffredo Bettini, che porta a spasso la fama di grande tessitore del Pd.
L'occasione è la presentazione del Libro Blu dell'agenzia delle dogane e dei monopoli. Da non perdere. Il presidente è Marcello Minenna, ex assessore a Roma della Raggi e amico di Grillo. Ci sono Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri e tutti scherzano e sorridono. L'attenzione è sulla coppia del compromesso storico. Stanno seduti uno accanto all'altro. Ora Grillo e Bettini non hanno bisogno di tessere strategie proprio lì, mentre si snocciolano numeri sulle zone franche. Tutto quello che doveva accadere è già successo. Il Movimento e il Pd sono due amanti riluttanti ma non possono fare a meno l'uno dell'altro. L'obiettivo è portarli a fine legislatura, o almeno al 2022, quando si elegge il nuovo presidente della Repubblica. Quando qualcuno sussurra che presto si troverà l'accordo su un nome molti schiamazzano. «Veltroni? Non ci credo, dai». Grillo e Bettini non si esprimono. Tutti i nomi che vengono fatti adesso sembrano essere messi lì per essere bruciati.
Il tema invece è come resistere due anni. La strategia è non fare nulla e stare attenti ai particolari. Nella sala però c'è una domanda che torna di continuo: come sta Zingaretti? Non è in ballo, per fortuna, la sua salute. È che negli ultimi tempi lo vedono tutti troppo preoccupato. Non è che non ne abbia motivo. C'è Franceschini che si agita dietro le quinte, Bonaccini che dalla via Emilia sembra pronto ad avventurarsi nel West, Renzi che sta cercando un modo indolore per seppellire Italia Viva e si veste da figliol prodigo, Beppe Sala che si chiede cosa ci sia oltre Milano. Zingaretti, raccontano, comincia a non fidarsi neppure di se stesso. A Bettini continua a ripetere: tu lo sai, vogliono farmi fuori.
È andato a cena all'ambasciata americana, in cerca di rassicurazioni. Non è che però gli americani possono aiutarlo. Tanta simpatia e strette di mano. Nel Pd gli dicono di stare sereno. Non c'è da preoccuparsi. Ci si pensa dopo le elezioni regionali. Appunto. È lì che vanno i pensieri del segretario del Pd. La paura è che ci sia un copione già scritto. L'unica salvezza è dare una prova di forza in Toscana, in Puglia, nelle Marche. Come se fosse facile. Lo sente l'odore del fuoco amico. Chi ha risvegliato Saviano? Saviano si alza e lo scomunica alzando tre dita. A seguire subito il coro dei chierici. Zingaretti inadeguato, Zingaretti debole, Zingaretti che non parla in latino. Gli stanno già facendo la messa.
Ecco allora cosa passa in dogana, cosa si dicono Grillo e Bettini: chissà cosa succederà con il dopo Zingaretti. Preghiamo per lui. E così sia.
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