«Il tema di una giustizia giusta dovrebbe unire. Nel Pd c'è un dibattito articolato: tanti dirigenti hanno una sufficiente padronanza della materia, ma ci vorrebbe maggior coraggio da parte loro». Simone Uggetti, ex sindaco dem di Lodi, nel 2016 fu arrestato e condannato a 10 mesi di reclusione con l'accusa di turbativa d'asta. Nonostante l'assoluzione in secondo grado nel 2021 la sua battaglia con la giustizia non è ancora finita. La Cassazione ha annullato la sentenza e Uggetti dovrà presentarsi di nuovo in Aula. «E andrò avanti. Ma tutto questo prescinde da me». Per questo «sono molto importanti» le prese di posizione del ministro Nordio. «Il vero banco di prova sarà la tenuta della sua maggioranza».
Uggetti, nel Pd non tutti la pensano come lei.
«Ci sono due macro argomenti. Intanto non tutti hanno superato culturalmente i fatti del 1992. Non solo quelli di scuola comunista, e questo riguarda anche Enrico Letta che non ha quella provenienza. C'è ancora subalternità rispetto a un certo modo di fare magistratura».
E l'altro?
«C'è la paura di non marcare le distanze dai 5 Stelle. Per qualcuno allearsi con loro è come un percorso obbligato per ricreare un campo di centrosinistra. Ma un partito come il nostro deve dimostrare di avere una propria cultura e autonomia anche sulle posizioni più difficili. E sono sicuro che questo non sia un tema che riguardi solo il Pd».
Si rischia di lasciare il garantismo al Terzo polo?
«Il problema è che il loro vero ispiratore è Matteo Renzi, che quando era premier ha fatto dimettere la ministra Federica Guidi che non risultava neppure indagata. È facile fare i formidabili quando non si è al potere ed è più difficile resistere agli attacchi politici e giudiziari quando si è al governo. Renzi ha avuto una vicenda personale robusta ma se avesse tenuto il punto sulla questione Tempa Rossa non so dire come staremmo oggi. Ha perso un'occasione, era all'apice del potere».
E ora la sta perdendo anche il Pd?
«C'è una fase di transizione e questi non sono temi che si definiscono in un giorno. C'è spazio, però, per un confronto tra sensibilità differenti. Mi auguro, a prescindere dal segretario che spero sarà Stefano Bonaccini, che ci sia la costruzione di una cultura garantista che non abbia il retropensiero dell'impunità».
Il 1992 come lo spartiacque per la sinistra?
«Diciamo che la sinistra ha una responsabilità politica duplice: nei confronti di Bettino Craxi, che ebbe un coraggio incredibile con quel famoso discorso in Parlamento. Con lui i magistrati non cercavano i reati ma la persona. Ma anche nei confronti di Silvio Berlusconi, che non è e non passerà alla storia come un santo, ma ha avuto decine di inchieste subito dopo il suo ingresso in politica. E non è normale. Ma c'è un'altra cosa da sottolineare».
Quale?
«Noto uno strumentale riposizionamento di Matteo Salvini che l'anno scorso ha promosso dei referendum sulla giustizia. La concomitanza con l'arresto di Messina Denaro l'ha portato a posizioni più caute che non si ricordavano così frequentemente nelle sue parole. E pure dentro Fratelli d'Italia ci sono sensibilità diverse, anche se Giorgia Meloni sta tenendo il punto difendendo Nordio».
Come commenta il dibattito sulle intercettazioni?
«Al di là di quello che si può pensare sulla persona, può essere utile la lettura del libro di Palamara. Identifica chiaramente come la triangolazione tra un partito, un magistrato e un giornale possa distruggere la vita di una persona. E le intercettazioni sono uno strumento formidabile che viene utilizzato da questa triade. Il tema non è come va il giudizio, ma la condanna preventiva a mezzo stampa che riporta spesso dichiarazioni parziali e decontestualizzate».
Quindi Nordio promosso fin qui?
«In pagella gli do un otto alle intenzioni, ma è ancora senza voto sugli esiti».
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