
Erano da poco trascorse le 13.50, quel 13 agosto 2007, quando, su segnalazione di Alberto Stasi, due carabinieri entrarono nella villetta dei Poggi, a Garlasco, e trovarono il cadavere di Chiara in fondo alla scala che conduceva alla cantina. I militari trovarono socchiusa la porta d'ingresso all'abitazione.
Appena entrati, al piano terra, notarono sulla sinistra un paio di pantofole, un portavaso rovesciato e il sottovaso capovolto. In prossimità della scala che conduceva al piano superiore videro alcune chiazze di sangue, una delle quali particolarmente estesa. Notarono altre macchine ematiche sul telefono e sulla parete; un'altra estesa chiazza di sangue e una ciocca di capelli erano davanti alla scala che conduceva alla cantina. La porta di accesso alla scala della cantina era aperta. In fondo i carabinieri videro una grande quantità di sangue e, infine, il cadavere di Chiara, in posizione prona, con la testa che presentava numerose ferite. Era stata uccisa quel giorno poco dopo le 9.12, colpita violentemente con un oggetto (mai identificato) una prima volta alla base della scala diretta al primo piano, poi, probabilmente tramortita, trascinata e gettata lungo la scala della cantina.
Il decesso non fu immediato, ma la ragazza morì verosimilmente entro 30 minuti dalla prima aggressione. Il dna ritrovato sotto le unghie della vittima non risultò essere di Stasi. Ora, a 18 anni dal delitto, quel materiale genetico ha portato alla riapertura del caso.
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