San Paolo. Il tempo per incontrarsi con il presidente delle Comore, piccolo stato insulare africano, Luiz Inácio Lula da Silva, invitato dal Giappone al G7, ieri lo ha trovato. Di incontrarsi con Vladimir Zelensky, invece, proprio non c'è stato verso di convincerlo, almeno sino a ieri notte. Del resto come scritto da Bloomberg «la presenza al vertice del presidente ucraino, che non era prevista di persona, ha messo a disagio la delegazione brasiliana» e «innervosito» Lula, che negli ultimi mesi ha più volte criticato Zelensky mentre ha abbracciato Sergei Lavrov, libero di dire nella capitale verde-oro che sul conflitto ucraino «Brasile e Russia hanno una visione unica» senza essere smentito. Non bastasse, oltre che all'invito ignorato di Zelensky, oramai da 36 ore Lula non risponde neanche alla richiesta di un colloquio vis a vis di Joe Biden e, anzi, ieri il brasiliano ha diffuso la sua agenda di oggi dove c'è sì l'incontro (45 minuti) con Azali Assoumani delle Comore, ma zero secondi per l'inquilino della Casa Bianca e il leader ucraino. Se il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha invece incontrato subito Zelensky, delusi sono gli Stati Uniti, con i membri del governo americano che ieri hanno annunciato a tutti l'invito fatto a Lula. Soprattutto Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza degli Stati Uniti, che ha chiarito che Biden vuole parlargli dell'Ucraina, anche se ha negato ai media ci sia pressione. «Penso che pressione sia la parola sbagliata. Non è così che il presidente Biden opera con questi importanti leader, come Lula», ha risposto.
Dal canto suo il presidente brasiliano nel suo discorso tenuto ieri ha attaccato il neoliberismo, ha chiesto per il suo paese un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, spinto per l'Africa nel G20 e citato la crisi in Argentina per criticare il Fondo Monetario Internazionale. Poi ha incontrato Kristalina Giorgeva, il direttore generale del FMI a porte chiuse e, subito dopo la stretta di mano aperta alla stampa, lo si è di nuovo sentito difendere l'Argentina. Ma cosa vuole Lula? Riformare Banca Mondiale e Fondo Monetario in primis ma poi ha anche ribadito la sua contrarietà alle privatizzazioni che, a suo dire, servono solo gli interessi dei paesi ricchi. Sua intenzione dichiarata è rafforzare l'alleanza del Brasile con i Paesi del Sud globale e la Cina, appoggiare la multipolarità che cerca Mosca da quando si è dissolta l'Urss e fare del Brasile il perno dell'America latina e della lotta contro il cambiamento climatico. Per questo ieri ha incontrato il presidente dell'Indonesia, Joko Widodo, con cui ha discusso di come salvare le foreste, rafforzando con lui la neutralità bilaterale sulla guerra della Russia contro l'Ucraina.
Non sorprende che oltre a Lula, assai critica con il blocco del G7 sia anche la Cina, che ieri ha espresso «forte insoddisfazione» e «ferma opposizione» al comunicato dei leader delle sette grandi economie più sviluppate che hanno riaffermato l'importanza della pace e della stabilità nello Stretto di Taiwan.
«Incurante delle serie preoccupazioni della Cina, il G7 insiste nel manipolare le questioni relative a Taiwan, diffamando e attaccando la Cina e interferendo in modo grossolano nei suoi affari interni», recitava ieri la dura nota del ministero degli Esteri di Pechino.
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