Un Consiglio dei ministri lampo per stanziare i primi fondi e proclamare lo stato di emergenza nelle cinque regioni che lo aveva richiesto nei giorni scorsi. Ma niente nomi sul commissario straordinario che tutti si aspettavano uscisse dal cilindro della riunione. «Abbiamo deliberato lo stato di emergenza per la siccità fino al 31 dicembre 2022 - ha spiegato Mario Draghi al termine della riunione durata pochi minuti - Con 10,9 milioni di euro per Emilia-Romagna, 4,2 milioni per Friuli-Venezia Giulia, 9 milioni per Lombardia, 7,6 milioni per Piemonte, 4,8 milioni per Veneto».
Soldi e subito «per far fronte ai primi interventi - si legge nella nota di Palazzo Chigi - necessari a fronteggiare con mezzi e poteri straordinari la situazione». Poi verrà tutto il resto. «È chiaro ha aggiunto la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini che il governo non si fermerà qui: ci saranno altre misure e siamo concentrati sulla messa a terra delle risorse del Pnrr (circa 2,8 miliardi) dedicate proprio a questa tematica» per il potenziamento delle reti idriche e il miglioramento del sistema di irrigazione a tutela dell'agricoltura e dei raccolti.
Le regioni stanno subendo le conseguenze di questa torrida estate. Che non lascia presagire nulla di nuovo, almeno per i prossimi 15 giorni. Ci saranno temporali sporadici ma l'acqua benefica non arriverà dal cielo a salvare i raccolti. E serve competenza e impegno per affrontare l'emergenza. In Lombardia, per esempio, c'è acqua dagli invasi alpini solo per dieci giorni. «Stiamo facendo il massimo per salvare almeno il primo raccolto spiega Massimo Sertori, assessore agli Enti locali - Ma abbiamo bisogno di prendere decisioni snelle che ci consentano di intervenire in poche ore e non dopo diversi giorni. La gestione della risorsa idrica è ormai una priorità». E servono decisioni rapidissime in delicati settori in profonda crisi: l'agricoltura, le centrali idroelettriche, le reti idriche colabrodo. Molti piccoli comuni sono già in sofferenza, 170 in Lombardia, 250 in Piemonte. L'Emilia Romagna stima in 36 milioni e 700mila euro le risorse necessarie per fronteggiare le criticità: autobotti, scavo di pozzi, posa di nuove condotte e di sistemi di pompaggio, interventi di riduzione del rischio residuo sull'idropotabile. In Piemonte, chiedono 250 interventi urgenti mentre sono già stati spesi 800mila euro solo per le autobotti. La regione stima un costo di 8 milioni di euro per le urgenze e 112 milioni per opere strutturali urgenti da realizzare nel medio periodo. L'emergenza siccità ha bisogno di soluzioni a breve termine ma anche a lungo termine, come l'ammodernamento del sistema idrico nazionale, caratterizzato da una quota percentuale di perdita d'acqua da record europeo. Un problema annoso, quello degli acquedotti colabrodo, per cui il governo ha già messo sul tavolo quasi un miliardo e mezzo per l'ammodernamento dell'intero sistema idrico nazionale.
Ma la priorità, oggi, è portare l'acqua nei campi. E ridare fiato alle centrali idroelettriche sul Po spente o fortemente limitate, come ad Ostiglia dove non si può produrre il prezioso gas perché non c'è acqua per il raffreddamento. Ormai è scontato che l'emergenza non si ridurrà a questi mesi estivi. La scorta idrica, nel bacino del Po è sotto del 61%, difficile recuperare anche nel medio periodo.
Eppure basterebbe abbassare di un centimetro il lago di Como per recuperare 1 milione e quattrocento mila metri cubi acqua mentre 20 centimetri del Lago Maggiore procurerebbero 50 milioni di acqua in più, più di quanto servirebbe a compensare sei mesi di siccità dov'è mancata quasi la metà delle precipitazioni (-43%).
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