Nizza tra «rabbia» e «perdono», Parigi alla «guerra» all'islamismo. È la sintesi del day after. Dopo l'ennesima decapitazione ispirata dal Corano che il killer di Notre-Dame aveva nello zaino, i cattolici porgono l'altra guancia, i gollisti no: «Macron apra una Guantanamo francese», chiede il deputato Les Républicains Eric Ciotti, prima fila della destra. Con lui il sindaco di Nizza Christian Estrosi: «Se oggi ci viene richiesto di rispettare punti della Costituzione non adatti a fare la guerra all'islamo-fascismo, beh dobbiamo modificare la Costituzione. È ora che la Francia si liberi delle leggi della pace».
Ma dalla canonica della basilica di Notre-Dame l'aria che tira è un'altra: padre Philippe Asso sottolinea l'importanza del «perdono», idem il vescovo di Nizza. Monsignor André Marceau sostiene lo «spirito di indulgenza» dopo l'attacco alla basilica, tre morti, tra cui un sacrestano: «Il perdono di Cristo prevale di fronte a questi atti barbari».
Le chiese di Nizza erano già state chiuse dal vescovo. Da ieri sono protette. Lacrime e insicurezza spaventano più della militarizzazione. Gradita ai cittadini, meno ai porporati, che sconfessano le fughe in avanti di Macron nella sua «guerra» all'islam politico: il presidente ha richiamato ieri 3.500 riservisti della gendarmeria, inviato militari Sentinelle e 120 agenti bonus partiti da Parigi per Nizza. «Il rischio è che si mettano in discussione le basi del dialogo interreligioso, si deve reagire nel modo più opportuno per farlo invece progredire», dice padre Asso, delegato diocesano per il «dialogo» che ha ricevuto le telefonate della comunità ebraica e dei due leader della moschea di Nizza, l'imam di origine cecena Ramzam Magamadov e Abdelkader Sadouni. «Crediamo ancora nella fratellanza», scrive il rettore del santuario di Lourdes Olivier Ribadeau Dumas.
La Santa Sede aveva già espresso la linea «morbida» del Vaticano: «Si torni a guardarsi come fratelli e sorelle, non come nemici». Al sindaco di Nizza basterebbe avere accesso al suo mini Grande Fratello: 3.800 telecamere il cui uso oggi è fortemente limitato. «Abbiamo sviluppato l'intelligenza artificiale e il riconoscimento facciale, ma a causa del Cnil (l'autorità amministrativa che vigila sull'applicazione della legge a tutela dei dati personali) non possiamo usarlo, non ho il diritto di disporre degli schedati pericolosi alla mia porta né del nome e indirizzo di persone a cui è stato rifiutato il diritto d'asilo». Un paradosso. Ciotti insiste con la «Guantanamo à la française», la detenzione amministrativa per gli schedati pericolosi: «Principio di precauzione».
Le Figaro rivela un sondaggio-choc condotto dopo la decapitazione del prof di storia, Samuel Paty: solo il 26% dei francesi si fida delle autorità per la sicurezza, un calo di 18 punti da luglio, 7 in una settimana. E il 57% già allora riteneva che le «divise» non fossero «sufficientemente presenti e visibili davanti ai luoghi di culto».
Convivere con il virus, e ora anche con la rabbia. Quella di persone che avvertono «il rischio d'essere attaccati ogni giorno». A Nizza, ma pure a Parigi, Lione. Possiamo essere uccisi? Possiamo ancora pregare? Le risposte della chiesa da un lato, quelle di repubblicani e lepenisti dall'altro, i quali concordano su un punto: la necessaria limitazione dei flussi migratori. Anche il presidente del partito gollista Christian Jacob è oggi sulla linea Le Pen: «Non si possono più affrontare questi temi senza porre quello dell'immigrazione». «Meccanismi di filtro nei flussi» e più poteri ai sindaci.
«Vorrei avere il diritto di stabilire la chiusura amministrativa di un luogo di culto dove stanno accadendo cose non conformi ai valori della Repubblica», chiosa Estrosi. Macron è nel mezzo, tra i due fuochi: la chiesa e la destra.
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