Il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, è diventato l'argomento principale della campagna elettorale per il ballottaggio a sindaco. Le sue dichiarazioni che invitano a valutare i candidati anche sulle posizioni contro ideologia gender, aborto e eutanasia sono state considerate un assist per il sindaco in carica, Federico Sboarina. Non tutti hanno gradito.
Eccellenza, immaginava le reazioni che sono arrivate dopo la sua lettera?
«Non tutti sanno che da tempo ho l'abitudine di scrivere ogni anno cinque o sei lettere ai miei preti. In questa occasione pensavo di parlare del compito che un prete ha nelle tornate elettorali. Noi sacerdoti abbiamo un compito ben preciso: ricordare che è un diritto e un dovere partecipare alle tornate elettorali, ma anche di non schierarci mai e limitarci a illuminare le coscienze».
Molti l'hanno accusata di ingerenza in favore di Sboarina e del centrodestra.
«Il mio invito, che non intende imporre nulla a nessuno, è a non considerare nemmeno il soggetto in sé. Tutti e due i candidati sono cattolici, io li conosco personalmente e li apprezzo. Il problema riguarda il retroterra culturale di cui sono espressione. Poi ognuno è libero di fare le sue scelte».
Che cosa intende per retroterra culturale e qual è secondo lei la priorità da non trascurare al seggio?
«La famiglia secondo il progetto di Dio, non alterata dall'ideologia del gender, come precisa Papa Francesco al punto 56 dell'Amoris Laetitia. Poi le situazioni di marginalità: le povertà vere, handicap e disabilità, l'autismo che mi sta molto a cuore, i giovani, la scuola cattolica soprattutto materna. Abbiamo baby gang molto potenti. Poi c'è l'area del morire: il no ad aborto e eutanasia».
In questo quadro difficile, c'è qualcosa che lei ritiene più importante delle altre da cui ripartire?
«Il problema di fondo è la famiglia. Tommasi si è sempre proposto come rappresentante della famiglia e certamente lo è. Ma alcuni dei suoi alleati, quelli che lo sostengono, sono dello stesso parere o si sbilanciano su posizioni culturali diverse come la cultura gender? Se dovesse vincere, sarà strattonato, proprio come il sindaco. Pongo questa domanda per illuminare le coscienze. Tutti e due sono cattolici. Non spetta a me dire chi votare».
C'è qualcosa che la preoccupa anche nel retroterra culturale di Sboarina?
«Sulla questione dell'accoglienza dei migranti, Sboarina si è avvalso di una signora molto sensibile su questo tema, l'assessore Daniela Maellare. Ma se dovesse vincere si dovrà confrontare con quel tipo di Lega piuttosto perplessa sull'ospitalità dei migranti, che noi della Caritas ospitiamo in piccoli gruppi».
È accaduta proprio in Veneto la drammatica vicenda della prof transgender suicida dopo la sospensione e il licenziamento. Che cosa si sente di dire su questo?
«Questi fatti angoscianti angosciano tutti. Che cos'è che porta al suicidio? Sono anch'io pieno di amarezza. Ma il problema di fondo secondo la mia opinione è come sono usate e valutate le persone o come sono state umiliate. È la cultura dell'umiliazione, della mancanza di rispetto che porta a chiedersi: perché vivere se sono trattato così? L'attenzione alla persona è al di sopra di tutto. Io rispetto transgender e omosessuali, ma una cosa è il rispetto che va garantito a tutti, al di là dell'orientamento, altro è equiparare le unioni civili, che io rispetto, al matrimonio».
Lei è stato molto determinato anche sui temi della vita, come aborto e eutanasia.
«Li valuto valori civili, laici, come la famiglia e la scuola.
A maggior ragione lo è la vita, che è un valore umano. Su tutti questi temi bisogna essere molto chiari: se è acqua è acqua, se è vino è vino, ma separiamo le posizioni. La distinzione è fondamentale, nel rispetto assoluto delle persone e del loro pensiero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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