Tutte le piroette di Conte sulle alleanze: cosa non fa per un pugno di voti

Conte cerca una nuova verginità politica: "Non parteciperemo ad accozzaglie e larghe intese". Ma in questi anni i 5 Stelle hanno governato con (quasi) tutti

Tutte le piroette di Conte sulle alleanze: cosa non fa per un pugno di voti

"Per trasformare l'Italia occorre un progetto politico serio, non accozzaglie e larghe intese. Diciamolo adesso qui: noi non ci saremo". Così Giuseppe Conte giura che non farà accordi di palazzo dopo il voto di domenica 25 settembre. Un riposizionamento comprensibile in termini di campagna elettorale, ma poco coerente rispetto alla linea adottata dal Movimento 5 Stelle dal 2018 in poi. Ora i grillini cercano un nuova verginità politica ma, va ricordato, in questi anni hanno governato con (quasi) tutti. Con quale faccia si ripropongono da soli contro tutti?

Il governo con la Lega

Nel 2018 il M5S si presenta agli elettori con un profilo anti-casta, battagliero contro i giochi di potere e sostenitore di una superiorità morale rispetto agli altri partiti. Un accordo di governo con un'altra formazione politica era un qualcosa di inimmaginabile. E invece ecco che dal cilindro viene cacciata l'intesa con la Lega. Al capo dell'esecutivo c'è lo stesso Conte, affiancato dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Sono diversi i piani di azione del governo gialloverde, dai decreti Sicurezza a Quota 100. Le turbolenze tra 5 Stelle e Carroccio non mancano. Si va avanti a colpi di mediazione fino a quando Salvini, stufo dei continui "no" del Movimento, decide di staccare la spina e far saltare per aria l'esecutivo. È l'estate del 2019, si respira aria di elezioni anticipate perché non si vede all'orizzonte la possibilità di un incastro per portare avanti la legislatura.

L'asse giallorosso

Riconsegnare la parola agli italiani? Non se ne parla. Il M5S alla fine fa l'inciucio con il Partito democratico. Sì, quel Pd che negli anni passati era il principale bersaglio della galassia gialla, che puntualmente sferzava gli esponenti dem anche sui social. A Palazzo Chigi resta sempre Conte. Si spartiscono le poltrone dei ministeri e il gioco è fatto. Dalla mattina alla sera si cambia orientamento sulla questione immigrazione e pensioni, come se nulla fosse.

I rapporti con il Pd si fanno via via più solidi. Sui territori iniziano a formarsi le prime alleanze in occasione delle elezioni Amministrative. 5 Stelle e dem rinsaldano progressivamente l'asse giallorosso, con il sogno di formare un'alleanza strutturale per le elezioni politiche. Come per magia vengono sotterrati rancori personali e dissidi, mascherando le invettive e i litigi del passato.

La ricerca dei responsabili

A gennaio 2021 anche il governo giallorosso è sull'orlo della crisi. La situazione precipita: Matteo Renzi mostra insofferenza e decide di ritirare la propria delegazione dall'esecutivo. In Aula partono i tentativi disperati alla ricerca dei cosiddetti "responsabili": l'intento è quello di trovare un gruppo raccogliticcio di parlamentari disposti a sostenere un nuovo governo. Nulla da fare: non si palesano i "pontieri" necessari per un Conte ter.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella convoca Mario Draghi al Quirinale. L'ex governatore della Banca centrale europea incassa la fiducia da quasi tutti i principali partiti (tranne Fratelli d'Italia) dopo un giro di consultazioni. A sostenere Draghi c'è anche il Movimento 5 Stelle che - dopo aver condiviso esperienze di governo con Lega e Partito democratico - decide di prendere parte anche all'esecutivo di larghe intese. Cade pure il tabù del banchiere.

Una nuova verginità

Anche per il governo Draghi il destino è lo stesso: maggioranza in frantumi, spaccature insanabili e la crisi non è altro che la logica conseguenza. Questa volta però non ci sono alternative: si va al voto anticipato. Di fretta e furia i partiti cercano alleanze, provano a chiudere la partita delle candidature e avviano la campagna elettorale. Le strade del M5S e del Pd si dividono: i dem non mandano giù la fiducia non votata a Draghi e tagliano fuori Conte dall'alleanza di centrosinistra.

Per il Movimento 5 Stelle è l'opportunità di rivolgersi agli italiani intraprendendo nuovamente la strada del soli contro tutti. Quanto credibile? Poco. Conte si è già affrettato a precisare che non parteciperà a un eventuale governo largo.

La domanda però sorge spontanea: come pretende di essere preso alla parola se in questi anni il M5S ha sconfessato se stesso? L'ex premier garantisce che dopo il voto non accetterà accordi di palazzo? Tra il dire e il fare ci sono di mezzo le continue piroette dei grillini.

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