"Noi toghe abbiamo troppo potere. Firmo i quesiti e spero in una riforma"

Il gip Mascolo: "Va anche reintrodotta l'immunità parlamentare"

"Noi toghe abbiamo troppo potere. Firmo i quesiti e spero in una riforma"

Il giudice Angelo Mascolo, gip al Tribunale di Treviso, è da sempre una toga controcorrente.

In oltre 30 anni di attività si è occupato di processi importanti, ma sul suo tavolo sono finiti soprattutto migliaia di cause «normali» dove gli si chiedeva «solo» una sentenza rapida e rispettosa del diritto.

Un giudice «scomodo», più interessato a garantire giustizia che a fare carriera; anche per questo ha deciso di firmare quei referendum che tanto fanno paura ai suoi colleghi del «sistema»: quelli che alla legge dei codici preferiscono i codici dell'opportunismo.

«Spero che i referendum - spiega - siano da stimolo alla politica per aprire una fase costituente finalizzata ad una riforma organica della giustizia. Va infatti al più presto ristabilito l'equilibrio tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, oggi sbilanciato a favore di quello giudiziario». Eppure, nonostante questo potere abnorme (o forse proprio a causa di esso) la magistratura sta vivendo il suo periodo più basso in termini di credibilità e autorevolezza.

La proposta del giudice Mascolo è chiara: «È necessaria la reintroduzione dell'immunità parlamentare nei termini originariamente previsti dalla Costituzione». Una linea in controtendenza rispetto a quanto sostenuto dalla maggior parte dei magistrati italiani, che oggi sembrano aver perso la fiducia dei cittadini.

«Chi è causa del suo mal pianga se stesso - denuncia il gip - Pochissimi hanno denunciato un sistema che tutti conoscevano, tanti sgomitavano più per far carriera che per far giustizia e i risultati sono questi».

Ma «grazie» al «pentimento» di Palamara, il marcio è venuto fuori. Anche se le cose non sembrano molto cambiate.

«Le dichiarazioni di Palamara non mi hanno fatto nessuna impressione - racconta Mascolo -, perché avevo capito l'andazzo da lui rivelato fin dal 1983: in Viale Trastevere, ogni sera, alla fine dei corsi riservati a noi giovani uditori giudiziari, arrivavano tre rappresentanti delle tre correnti, ci radunavano a seconda delle opinioni politiche e ci portavano a cena fuori. Rappresentando questi individui le forche caudine sotto cui si doveva passare per fare carriera, vi ho rinunciato più che volentieri». Una mosca bianca, molti altri si sono comportati diversamente: «Avrei apprezzato molto di più il pentimento di Palamara se fosse avvenuto prima, e non dopo essere stato colto in flagrante, col sorcio in bocca. Come è avvenuto, non è che mi sembri poi così spontaneo».

Palamara radiato dal Csm, problema risolto? «Con Palamara, sotto il tappeto è stato metaforicamente buttato solo un minuscolo granello di spazzatura: le

assegnazioni fatte dal sistema non avvenivano attraverso allegri e giocosi girotondi, ma tramite duri do ut des, che rischiavano di far venir meno, per il futuro, l'imparzialità dell'interessato».

Un rischio che continua oggi.

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