NOMADE 17ENNE DAL GIP Il ragazzo non si è fermato all'alt degli agenti: era senza la patente e l'assicurazione

RomaC'era lui al volante. E quando la polizia gli ha intimato l'alt ha perso la testa, spaventato perché non aveva né patente né assicurazione. Nel giorno in cui Antony conferma davanti al giudice la ricostruzione della Procura, sul luogo in cui il giovane nomade una settimana fa a Roma ha travolto con la sua auto otto persone che aspettavano l'autobus uccidendo una donna filippina la tensione è alle stelle.

Comitati di quartiere e CasaPound ieri manifestavano per chiedere al Campidoglio di chiudere i campi rom proprio in via Mattia Battistini, davanti al luogo dell'incidente. Un presidio autorizzato. «Non siamo razzisti, noi guardiamo la realtà. Non c'è bisogno di un fatto eclatante e si vede cosa fanno i rom. Questa giunta di sinistra non fa altro che proteggere i nomadi», gridavano. Ma quando i centri sociali hanno organizzato lì di fronte un contro-presidio non autorizzato, al grido di «CasaPound sciacalli», la polizia ha dapprima cercato di allontanare gli antagonisti con le buone, poi è stata costretta a caricare un centinaio di manifestanti. Poi, sotto una bancarella, gli agenti hanno trovato un borsone pieno di mazze di legno. Ieri si è svolto l'interrogatorio di garanzia di Anthony davanti al giudice del Tribunale dei minorenni. Ha 17 anni e un'accusa gravissima con cui fare i conti, quella di omicidio volontario in concorso, che ora condivide anche con il papà, Batho, oltre che con il fratello diciannovenne e la convivente, 17 anni come lui e un figlio insieme di 10 mesi. I pm in un primo momento non avevano creduto al padre che si era autoaccusato di essere lui, quel giorno ubriaco, alla guida dell'auto pirata. Ora invece il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani ha iscritto il suo nome nel registro degli indagati e ha disposto una serie di accertamenti per verificare se fosse davvero lui il quarto uomo a bordo. L'avvocato Carola Gugliotta, che difende i rom con il padre Antonio, ha confermato che sul corpo di Batho sarebbero state riscontrate diverse lesioni e ferite riconducibili all'esplosione dell'airbag compatibili con l'incidente. Anche Anthony, ieri, ha raccontato al giudice che il padre era seduto davanti accanto a lui, sui sedili posteriori c'erano invece la sua convivente e il fratello maggiorenne. «Non mi sono fermato all'alt - ha spiegato - perché ero spaventato, credevo che la polizia mi avrebbe picchiato come era già accaduto in un'altra occasione perché ero senza patente e assicurazione». Alla vista della volante il ragazzo potrebbe aver schiacciato per sbaglio il pedale dell'acceleratore. Ipotesi difensiva che potrebbe essere oggetto di una perizia. «Io non credo che si sia reso conto di ciò che ha fatto - afferma l'avvocato - il problema è proprio questo, si tratta di valutare il grado di maturità del minore. Era terrorizzato e ha chiesto perdono, era sinceramente addolorato». Senza patente, ma con un'automobile tutta sua. Ha spiegato di averla comprata qualche giorno prima dell'incidente per 700 euro perché «era un catorcio». Motivo per cui, è sempre la tesi della difesa, non poteva andare a 180 all'ora come sostenuto dagli investigatori. L'auto è comunque piombata come un proiettile alla fermata dell'autobus uccidendo Corazon Abordo, una donna di 44 anni che lavorava come colf 10 ore al giorno e viveva solo per le sue due bambine. Anthony ha ripercorso anche i giorni in fuga per evitare l'arresto dormendo in alloggi di fortuna: «Siamo stati all'addiaccio senza poter mangiare. Ci siamo nascosti perché temevamo di essere ammazzati». «Dopo l'incidente - ha anche detto - mio fratello da dietro mi strattonava dicendomi di fermarmi.

Mi gridava “disgraziato”, anzi “bastardo”, e si voleva buttare dalla macchina».

Il giudice ha convalidato l'arresto ed ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare per concorso in omicidio volontario con dolo eventuale. Oggi a Regina Coeli sarà interrogato il fratello più grande.

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